Corriere della Sera (Milano)

«Diamo voce alle nuove imprese con un festival delle start up»

LA MIA BRIANZA DIEGO PASSONI

- Di Isabella Fantigross­i

Davanti a un caffè americano, seduto a un tavolino del bar sotto la redazione milanese di Radio Deejay, Diego Passoni, 38 anni, una delle voci radiofonic­he più amate del momento, si racconta. Partito dal quartiere Cederna, sud-est di Monza, dove è nato, oggi conduce Pinocchio insiema a La Pina.

Da un quartiere popolare di Monza a Radio Deejay. Come ci si arriva?

«I miei genitori, papà autista e mamma impiegata, da classici brianzoli, volevano che il loro figlio unico facesse qualcosa di utile. E così dopo le scuole dalle suore francescan­e di via Cederna, i miei mi costrinser­o a frequentar­e ragioneria all’istituto Mapelli. Ma a me i numeri interessav­ano poco. Dopo un anno di Scienze dell’educazione in Cattolica a Milano, mollai tutto per fuggire a Bordeaux, in Francia».

E in Brianza non pensava certo di voler tornare...

«In effetti no. A Monza da ragazzo ero molto attivo, facevo teatro, provavo a partecipar­e a qualunque concorso ma sapevo che lì avrei combinato poco. Anche perché lì non succedeva davvero nulla, molto meno che in altre città di provincia. In Francia, invece, dove all’inizio ho vissuto in una comunità religiosa, ho cominciato a studiare danza e a insegnare italiano per mantenermi».

E quando è tornato?

«Mi sono trasferito a Milano, che per me ragazzino era davvero un altro mondo. E mi sono iscritto a un’accademia per musical. Poco dopo ho conosciuto La Pina. Grazie a lei, con la quale ho vissuto anni, un’estate di dieci anni fa, ho cominciato a frequentar­e la radio. All’inizio facevo un piccolo intervento al giorno, poi sono passato a condurre con lei Pinocchio. Oggi, comunque, torno spesso a Monza, dove vive ancora mia mamma».

Un luogo del cuore?

«Due. Una zona del parco, vicino all’ingresso accanto al santuario Madonna delle Grazie, dove andavo spesso quando ero piccolo. E poi il Duomo, dedicato a san Giovanni Battista. Mi piace perché è il progetto voluto da una donna, Teodolinda, che convertì i longobardi al cristianes­imo. E perché mi ricorda la storia della mia città, nata intorno alla basilica fondata su un’idea e una visione di Teodolinda».

Idee che oggi mancano?

«Mi sembra che questa sia una terra che tutto sommato funziona. I brianzoli sono come vengono descritti: lavoratori, seri, affidabili. Molto spesso, però, in noi manca una visione. Per anni, per esempio, la Villa Reale è stata chiusa perché nessuno sapeva che cosa farne. E ancora oggi ci sono tanti spazi inutilizza­ti. Io, invece, sono abbastanza felice perché, nel mio piccolo, sono un brianzolo che

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