SANITÀ, SE IL TIMBRO «URGENTE» SERVE A RALLENTARE L’ESAME
Buongiorno dottoressa Fedrigotti, mercoledì 27 maggio ho dovuto portare mio marito al Pronto soccorso dell’ospedale Niguarda perché, nonostante il bollino verde, la prestazione poteva essere erogata solo il 4 giugno e stava troppo male per poter aspettare.
Il servizio al Pronto soccorso è ottimo: gentili, chiari, professionali. Il medico di turno rileva tramite Tac un aneurisma e per tale motivo prescrive una Angio Rmn celebrale intracranica e barra sull’impegnativa del Servizio Sanitario Nazionale la «U» di urgenza. Bene, se viene richiesta l’urgenza la prenotazione non si può fare telefonicamente, ma devi recarti personalmente presso gli sportelli delle singole strutture. Ieri mi reco agli sportelli dell’ospedale Niguarda e mi dicono che non hanno disponibilità, chiedo di darmi il primo appuntamento disponibile ma non possono perché c’è l’urgenza. Domando cosa devo fare e mi rispondono che mi devo recare personalmente presso le strutture e cercare chi ha la disponibilità. Trovo la cosa demenziale, ho l’urgenza ma devo girare per gli ospedali per trovare chi può soddisfarla? Esasperata ho richiamato il numero verde e questa volta non ho detto che c’è l’urgenza così mi viene dato l’appuntamento per 8 giugno al San Carlo di Milano, sperando che non facciano storie per l’impegnativa con urgenza. Le strutture private convenzionate hanno lo stesso sistema ma almeno ti danno le informazioni sui tempi d’attesa (a Multimedica, per esempio, mi è stato detto che con l’urgenza l’appuntamento viene dato nelle quarantotto ore ma lunedì proverò ad andare agli sportelli per verificare anche il loro sistema). Ma le sembra che l’urgenza debba diventare una complicazione? Dovrebbe esserci un servizio come il numero verde del Servizio sanitario nazionale o almeno la possibilità di telefonare preventivamente presso le strutture per sapere la disponibilità e poi recarsi personalmente anche se non capisco perché la prenotazione telefonica non possa essere fatta (alcune strutture private convenzionate chiedono l’invio dell’impegnativa tramite fax). Non le sembra che se c’è l’urgenza questa debba essere garantita senza esasperare il cittadino, il sistema che ho sperimentato è assurdo e mi piacerebbe capirne la ragione.
In effetti sembra il mondo dell’assurdo per cui chi ha più bisogno, chi è più malato, chi sta peggio non ha, come ci si aspetterebbe, facilitazioni, precedenze o vie riservate, ma, al contrario, deve impegnarsi di più, fare più chilometri, perdere più tempo. Va punito, insomma, o come nel caso suo, vanno puniti i suoi familiari. La prossima volta, mi viene da suggerirle, preghi il medico di non barrare la «U» di urgenza!
In questa immagine c’è un pezzo di storia di Milano. Fra largo Cairoli e via Cusani nel 1936 aprì i battenti la Ditta Armac, «il negozio più bello di Milano, che iniziò con gli apparecchi radio e le macchine per cucire e poi proseguì con frigoriferi, televisori, cucine a gas e ogni tipo di elettrodomestico, dai frullini ai macinini per il caffè» scrive Vitaliana Vitali, figlia di Giovanni Battista, il titolare con il socio Vincenzo Fiorillo. Inviate le vostre foto della memoria a pdamico@corriere.it.