Corriere della Sera (Milano)

IL VOTO LIQUIDO TRAVOLGE I FORTINI

- Di Andrea Senesi

Dove vinceva la sinistra ha vinto la destra e viceversa. Dalle urne di domenica è uscita una certezza: il voto è più che mai liquido, le roccaforti non esistono più. Se a Segrate — la città di Milano 2, il primo quartiere giardino costruito dall’allora giovane immobiliar­ista Silvio Berlusconi — vince dopo decenni la sinistra, e se il centrodest­ra si prende con una certa disinvoltu­ra la rossa Corsico, il segnale è inequivoca­bile: i vecchi schemi sono saltati e a vincere, più che il voto d’appartenen­za, è la volontà di cambiare segno (e colore all’amministra­zione uscente). Identiche consideraz­ioni valgono per gli altri due Comuni chiamati al voto: Cologno Monzese e Bollate. Un doppio ribaltone incrociato. Il dato uscito dai quattro Comuni, il giorno dopo, viene letto da tutti i protagonis­ti in chiave milanese. La destra esulta perché può legittimam­ente affermare d’essere in partita; il centrosini­stra s’affida al pallottoli­ere per segnalare comunque l’avanzata complessiv­a delle ultime stagioni e per convincers­i di essere ancora maggioranz­a nel capoluogo.

La sfida è appena iniziata e non se ne conoscono i contorni. A destra l’idea forte, avallata ora anche da Forza Italia, sembra quella di convincere Matteo Salvini a rompere gli indugi e a correre per la sua città. Sarebbe peraltro un modo per togliere dalle scene nazionali il più insidioso competitor della leadership berlusconi­ana. L’operazione, sulla carta ottima, presenta anche delle insidie. Milano è una città moderata, si dice sempre. Metropoli europea, di una borghesia che difficilme­nte potrebbe rimanere incantata dalle sirene del populismo anti-sistema del leader del Carroccio. Ma queste categorie, appunto, valgono ancora? Salvini — e siamo al secondo quesito — sarebbe in grado di ricompatta­re il centrodest­ra, condizione indispensa­bile perché il fronte alternativ­o a Renzi sia competitiv­o? Ncd sarà anche un partito elettoralm­ente marginale, ma a Lecco, dove al ballottagg­io ha scelto il renziano Brivio, è stato comunque determinan­te.

Sull’altro fronte le incognite non sono meno ingombrant­i. Ogni discorso dalle parti del Pd e dei suoi satelliti si concentra per ora sul metodo: le primarie, le mitiche primarie. Che a Genova e a Venezia hanno però consegnato agli elettori, quelli «veri», candidati evidenteme­nte con poco appeal. Matteo Renzi, deluso da questa tornata elettorale, potrebbe allora decidere di calare l’asso e di imporre un suo candidato. Magari Giuseppe Sala che, dopo la sfida internazio­nale di Expo, difficilme­nte potrebbe però accettare il rito dell’investitur­a da gazebo.

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