I turisti e la maratona solidale: «Da voi una lezione di civiltà»
I commenti (favorevoli) dei viaggiatori stranieri tra i binari Majorino: grande risposta, ora dirottare gli aiuti sul territorio
Non è ritorno alla normalità, e mancherebbe lo fosse — con ondate di profughi disperati che continuano ad arrivare per poi ripartire. Ma la situazione, intorno a piazza Duca d’Aosta, in qualche modo migliora. Più di mille migranti sono stati alloggiati nei centri di accoglienza, con enormi sforzi da parte delle autorità. La Stazione Centrale, dentro e fuori, recupera decoro. E fa un bell’effetto la gara di solidarietà che ha preso vita da un lato, a sinistra dell’ingresso. Cattiva figura di fronte ai turisti? Al contrario: «Bellissima», dice Vincent Luigi, parigino di 30 anni, venuto con amici in occasione di Expo. «Ho visto decine di volontari che distribuivano cibo e vestiti, alcuni del Comune, altri di onlus o semplici cittadini. Ci siamo inorgogliti per voi».
Milano ha reagito bene, è l’idea che prevale. «L’emergenza viene gestita nel rispetto delle persone e in modo pacato, come dev’essere», valutava Carla Giannotti, 57 anni, da Lucca. «I profughi sono ancora tantissimi ma a Zurigo, in stazione, lo spettacolo è uguale, se non peggiore. Il problema è europeo», considerava un altro turista, Filippo Boech, 26 anni. «Siete bravi, non ci sono stati problemi di sicurezza», tributava Robert Ferfolia, ispettore di Casinò venuto per Expo dalla Slovenia. «Mi piace la città, è organizzata. I problemi con l’immigrazione ci sono in tutte le capitali», era l’impressione di Seung Chen Lee, 21 anni, dalla Corea del Sud. La sua fidanzata, seduta sul muretto tra due gruppi di profughi, ad un certo punto si è messa a giocare con un bambino scalzo. Rideva lui, rideva lei. Per niente infastidita. «Non si può chiudere loro la porta in faccia — ammetteva — L’importante è che si trovi una soluzione con gli altri Paesi, questo è un dramma comune». Ieri l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino parlava di «solidarietà meravigliosa e impressionante, addirittura eccessiva in stazione». Gli sforzi ora devono essere dirottati nei centri di accoglienza sul territorio.
Dal lato loro i profughi se ne stanno tranquilli, divisi per etnie. Fanno la fila per ricevere mezzi di sostentamento, usufruiscono della Children zone allestita nei cubi di plexiglass che sono serviti anche per la notte. Alcuni senegalesi si sono organizzati con un banchetto per la vendita di sim card telefoniche. Un eritreo, sul muretto, legge un Dylan Dog: «Me lo ha regalato un milanese», spiega in un italiano stentato.
Il dramma è che arrivano ancora, da tutte le parti. Un gruppo dall’Eritrea. Una famiglia con nonni e bimbi dalla Siria. Quattro fratelli dallo Yemen, dai 16 ai 26 anni, scendono dal treno: «Nostro fratello maggiore è a Londra, vogliamo raggiungerlo», spiega il più spigliato, Astre Oman. Nella piazza chiacchierano due milanesi. «Ora che sono passati i ballottaggi i toni accesi si placheranno, hanno un po’ strumentalizzato la situazione a livello politico in questi giorni», azzardava la più anziana, Franca Maraviglia, 85 anni. Tra i volontari ci sono tanti stranieri. «Vivo a Como, sono venuta ad aiutare – si schermiva Nadia Ferjan, ragazza tunisina che ieri compiva 20 anni – Conosco l’arabo, credo di essere utile». E francamente: lo è.