LA CULTURA NON HA FRETTA
Aquasi un mese e mezzo dall’apertura di Expo, accertata la presenza di un pubblico consistente nell’area espositiva, i numeri consentono anche una prima valutazione sulla ricaduta culturale della manifestazione in città. In questo campo si contrappongono elementi di segno diverso. Da un lato, uno sforzo organizzativo fuori dal comune, riassunto dalle oltre 30.000 iniziative di Expoincittà: una quantità certamente eccessiva (circa 200 eventi al giorno sono troppi per le nostre dimensioni) ma comunque indicativa dell’entusiasmo con cui chiunque, a Milano, ha voluto associarsi a Expo. Dall’altro, un pubblico a volte non soddisfacente, e in alcuni casi apertamente deludente: così, per esempio, il Duomo con i suoi 10.000 ingressi mensili a fronte degli 80.000 immaginati, o il Museo delle Culture mezzo vuoto, o la spettacolare mostra della Triennale con un terzo dei visitatori previsti; se Leonardo e la nuova sistemazione di Michelangelo vanno a gonfie vele, com’era intuibile, altre esposizioni cittadine ottengono meno successo di quanto preventivato. L’effetto è dovuto a una sommatoria di elementi diversi: chi va in Expo, ammesso che poi arrivi in città, è stanco di tanto girare, e quindi si riposa; i visitatori stranieri sono ancora di là da venire; il pubblico delle scolaresche non va oltre il sito di Rho-Pero, e altri fenomeni che avremo il tempo di valutare.
I numeri sono importanti, si sa; ma giudicare soltanto da quelli sarebbe lacunoso. In questo caso, vanno infatti integrati dal concetto di quello che in ambito economico si definisce «patrimonio intangibile», ovvero quel complesso di fattori che non lavora sul dato quantitativo, ma sui valori e la qualità della vita ricavati grazie alle azioni intraprese. Da questo punto di vista, le diverse iniziative hanno ottenuto un risultato rilevante: far capire a noi stessi che Milano può essere all’altezza delle capitali mondiali dell’arte. Lo sanno bene i milanesi attenti alla cultura, che si incontrano in giro e scambiano impressioni su quanto hanno già visitato e quanto ancora no: «Sei stato alla Fondazione Prada?». «No, non ce l’ho fatta, in compenso ho visto il Mudec, o la Casa della Memoria», e così via.
Per il morale di Milano è un esito fondamentale, da coglierlo appieno, senza eccessi di entusiasmi o delusioni. Una metropoli come la nostra non può non sapere che — mentre Expo se la gioca tutta in questi sei mesi — molte delle iniziative in città vanno valutate come un investimento, e, in quanto tali, con risultati profondi da giudicare soprattutto nel lungo periodo. Nel breve, occorre mettere nel conto con onestà successi e insuccessi, e su queste basi continuare il lavoro intrapreso.