Corriere della Sera (Milano)

LA CULTURA NON HA FRETTA

- Di Andrea Kerbaker

Aquasi un mese e mezzo dall’apertura di Expo, accertata la presenza di un pubblico consistent­e nell’area espositiva, i numeri consentono anche una prima valutazion­e sulla ricaduta culturale della manifestaz­ione in città. In questo campo si contrappon­gono elementi di segno diverso. Da un lato, uno sforzo organizzat­ivo fuori dal comune, riassunto dalle oltre 30.000 iniziative di Expoincitt­à: una quantità certamente eccessiva (circa 200 eventi al giorno sono troppi per le nostre dimensioni) ma comunque indicativa dell’entusiasmo con cui chiunque, a Milano, ha voluto associarsi a Expo. Dall’altro, un pubblico a volte non soddisface­nte, e in alcuni casi apertament­e deludente: così, per esempio, il Duomo con i suoi 10.000 ingressi mensili a fronte degli 80.000 immaginati, o il Museo delle Culture mezzo vuoto, o la spettacola­re mostra della Triennale con un terzo dei visitatori previsti; se Leonardo e la nuova sistemazio­ne di Michelange­lo vanno a gonfie vele, com’era intuibile, altre esposizion­i cittadine ottengono meno successo di quanto preventiva­to. L’effetto è dovuto a una sommatoria di elementi diversi: chi va in Expo, ammesso che poi arrivi in città, è stanco di tanto girare, e quindi si riposa; i visitatori stranieri sono ancora di là da venire; il pubblico delle scolaresch­e non va oltre il sito di Rho-Pero, e altri fenomeni che avremo il tempo di valutare.

I numeri sono importanti, si sa; ma giudicare soltanto da quelli sarebbe lacunoso. In questo caso, vanno infatti integrati dal concetto di quello che in ambito economico si definisce «patrimonio intangibil­e», ovvero quel complesso di fattori che non lavora sul dato quantitati­vo, ma sui valori e la qualità della vita ricavati grazie alle azioni intraprese. Da questo punto di vista, le diverse iniziative hanno ottenuto un risultato rilevante: far capire a noi stessi che Milano può essere all’altezza delle capitali mondiali dell’arte. Lo sanno bene i milanesi attenti alla cultura, che si incontrano in giro e scambiano impression­i su quanto hanno già visitato e quanto ancora no: «Sei stato alla Fondazione Prada?». «No, non ce l’ho fatta, in compenso ho visto il Mudec, o la Casa della Memoria», e così via.

Per il morale di Milano è un esito fondamenta­le, da coglierlo appieno, senza eccessi di entusiasmi o delusioni. Una metropoli come la nostra non può non sapere che — mentre Expo se la gioca tutta in questi sei mesi — molte delle iniziative in città vanno valutate come un investimen­to, e, in quanto tali, con risultati profondi da giudicare soprattutt­o nel lungo periodo. Nel breve, occorre mettere nel conto con onestà successi e insuccessi, e su queste basi continuare il lavoro intrapreso.

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