Expo, primo ricorso accolto Un operaio rientra nel sito
Escluso dalla questura, sarà reintegrato. La Cgil: ora le altre istanze
Sudamericano, assunto da una delle catene di ristorazione. Con un paziente lavoro di mediazione di Cgil e società Expo hanno ottenuto il reintegro del lavoratore nel sito espositivo. L’uomo faceva parte dell’elenco di soggetti che, dopo aver superato le selezioni, avevano ricevuto parere negativo da parte della Questura.
È il primo. La speranza del sindacato, naturalmente, è che ora tocchi la stessa sorte a tutti gli altri come lui: quelli che avevano trovato un lavoro all’Expo e che poi se lo erano visti sfumare per il divieto della Questura al loro ingresso. Divieto finalmente revocato, almeno a lui, grazie al «ricorso» della Cgil. Anche se in realtà più che un ricorso in senso tecnico, vale la pena precisarlo, a sbloccare lo stallo è stato un paziente lavoro di mediazione.
Come si è detto il signore in questione fa parte di quel lungo elenco di soggetti che dopo aver superato le selezioni per lavorare all’esposizione universale, nei settori più disparati, non avevano ottenuto da Expo il «pass» di accesso al sito in seguito al parere negativo della Questura: non perché pregiudicati, o con un certificato penale problematico, ma per una qualsiasi delle mille ragioni per cui magari anni prima avevano subito un controllo o erano comunque finiti dentro un rapporto di polizia. Con l’aggravante, adesso, di non poter neppure sapere quale se non a prezzo di un lungo e complicato iter burocratico. Il nostro lavoratore in particolare, di origini sudamericane, era stato assunto da una delle catene di ristorazione presenti all’Expo. Anzi da una ditta che ne aveva ricevuto il subappalto. Salvo doversene restare a casa per uno dei misteriosi motivi di cui sopra: e chissà quale, visto che appena tre mesi fa il nostro Stato lo aveva considerato addirittura meritevole, dopo aver passato la sua vita ai raggi X, di concedergli la cittadinanza italiana. Cittadino italiano sì, ma lavoratore all’Expo no e senza neanche dirgli perché: un «grave scenario di palese violazione delle più elementari regole che dovrebbero informare i rapporti civili in uno stato di diritto», dice da tempo la Cgil.
Che però non si è arresa. E spiega ora in un comunicato di avere « interloquito direttamente con il datore di lavoro»: dapprima inviando all’azienda certificato penale e carichi pendenti dell’uomo, sul conto del quale non risultava nulla, quindi invitando l’azienda stessa a farsi promotrice di una revisione. Dopodiché è stata la stessa società Expo che ha inoltrato a sua volta alla Questura una istanza affinché la decisione fosse rivista. Finché ieri azienda e sindacato hanno ricevuto la comunicazione che il «ricorso» era stato accolto: uno «spiraglio per far ripensare in modo dinamico e non dispendioso le posizioni degli esclusi».
Il metodo è nuovo — spiega per la Cgil Antonio Lareno — e punta a evitare il passaggio per i tribunali, a favore invece di una soluzione rapida tra le parti: «In questo caso — dice — non c’è stato nemmeno bisogno di entrare nel merito. Le abbiamo chiamate revisioni bonarie».
I casi di assunzioni effettuate e successivi permessi negati senza spiegazioni sono almeno 600. Su un totale di 60 mila domande. «Le revisioni bonarie che stiamo discutendo — spiega ancora Lareno — sono oggi alcune decine. Poi ci sono comunque i ricorsi per le vie giudiziarie normali, specie nei casi in cui gli interessati ritengano di aver subito un danno. Ma venerdì — conclude — alla commissione consiliare congiunta su Expo e sicurezza chiederò che a tutti i 60 mila autori delle domande di assunzione venga inviata almeno una lettera affinché sappiano come ottenere informazioni sul motivo vero della loro esclusione».