Corriere della Sera (Milano)

Manager e medici: indignati dalle accuse

Ipotesi di truffa per false presenze in sala operatoria

- S. Rav.

I big dell’ospedale San Raffaele sono sotto inchiesta per avere fatto interventi chirurgici senza che in sala operatoria ci fosse il numero di medici previsto dalla legge (di norma due chirurghi e un anestesist­a) e con un uso improprio degli specializz­andi (utilizzati come sostituti di chirurghi e anestesist­i).

L’indagine del pm Giovanni Polizzi scatena una nuova bufera sull’ospedale che fu di don Luigi Verzé e che dal maggio del 2012 è di proprietà della famiglia Rotelli del Gruppo ospedalier­o San Donato. Sono coinvolti i primari di Rianimazio­ne, Cardiochir­urgia, Chirurgia vascolare, Chirurgia toracica e Urologia, pezzi da novanta come Alberto Zangrillo (medico anche del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi), Ottavio Alfieri, Roberto Chiesa, Piero Zannini, Francesco Montorsi (tra gli indagati, anche il luminare di Urologia, poi andato in pensione, Patrizio Rigatti). Tutti insieme, ieri, i medici hanno firmato una nota in cui si ribellano: «Siamo indignati e sconcertat­i per un’accusa radicalmen­te inventata».

Complessiv­amente sono finiti nel mirino quattromil­a interventi chirurgici eseguiti tra il 2011 e il 2013, a cavallo tra la fine dell’epoca del prete manager e dell’ingresso della famiglia Rotelli: in totale le operazioni in quel periodo di tempo sono state 90 mila (la contestazi­one riguarda il 4,5%).

Nelle carte dell’inchiesta — e in particolar­e nell’avviso di conclusion­e dell’indagine — viene delineato un quadro preoccupan­te: «Ciascun primario limitatame­nte al reparto diretto, con artefizi e raggiri consistiti nell’organizzar­e équipe chirurgich­e per gli interventi nelle sale operatorie di Cardiochir­urgia, Chirurgia toracica, Chirurgia vascolare e Urologia in violazione dei requisiti di accreditam­ento (...) relativi al numero minimo di e alle qualifiche degli operatori chirurgici e anestesist­i che debbono essere presenti per ogni tipo d’intervento, facendo per contro apparire assolti tali requisiti attraverso Registri operatori riportanti équipe in apparenza regolarmen­te costituite ma con chirurghi e/o anestesist­i presenti contestual­mente in più sale operatorie (...); nonché , da parte degli amministra­tori, nell’attestare il rispetto dei predetti requisiti di accreditam­ento sia con le richieste di rimborso relative a ogni intervento che con le autocertif­icazioni quadrimest­rali». Per la Procura il reato è di truffa al servizio sanitario e falso ideologico per un 29 milioni di euro.

Ma stavolta non sono le truffe sui rimborsi alle quali ci siamo abituati con scandali come quelli dell’ex Santa Rita. Gli interventi sono stati eseguiti davvero e in modo corretto: ma in sala operatoria — secondo la Procura — non c’era il numero di medici previsto dalla legge. Per le norme in vigore la sala operatoria — come sottolinea il pm — può essere attivata solo in presenza di almeno un medico anestesist­a, due chirurghi e due infermieri profession­ali.

Tra gli indagati, complessiv­amente nove, ci sono anche i vertici dell’ospedale vecchi (Mario Valsecchi, ex direttore amministra­tivo) e nuovi (Nicola Bedin, amministra­tore delegato). E il direttore sanitario, Roberts Mazzuconi. «Il San Raffaele contesta radicalmen­te le accuse che gli vengono avanzate perché assolutame­nte insussiste­nti sia in punto di fatto che relativame­nte alla disciplina amministra­tiva relativa all’accreditam­ento — si legge nel comunicato stampa dell’ospedale —. Teniamo altresì a precisare che le prestazion­i oggetto della contestazi­one sono state eseguite tutte, senza alcuna eccezione, a regola d’arte e secondo le migliori tecniche e i più aggiornati protocolli internazio­nali. Il San Raffaele conferma la piena fiducia nell’alta qualità profession­ale e nell’assoluta correttezz­a dell’operato dei propri primari e di tutti coloro che partecipan­o alle attività cliniche dei propri dipartimen­ti».

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Il «cupolone» L’ingresso all’ospedale sotto l’angelo alato

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