CITTADINI A TEMPO SENZA UN CENTRO
La rivoluzione urbana infinita
Milano del centro è una città-buco. Trotterellano sul bordo «city user» e residenti, per poi sprofondare negli uffici senza muri e nelle case rischiarate dalle pay tv. Quasi come pipistrelli, mammiferi volanti ed ibridi bloccati. I cittadini «a tempo» riempiono e svuotano gli spazi, quasi un milione di pendolari, 50 mila universitari fuori sede, 12 milioni di presenze turistiche all’anno (senza contare l’«effetto Expo»). E poi metti gli oltre 250 mila stranieri, i manager delle tremila multinazionali, gli italici ticinesi, i nomadi dei grandi eventi e i doppio-filisti del divertimento serale. La metropoli, piattaforma dei servizi, balla sul ciglio del buco senza troppi perché. Senza chiedersi, cioè, se è meglio intrupparsi nel flusso o sentirsi un paletto conficcato. Il tema dell’appartenenza e dell’identità della città piatta, dove si rincorrono le rivoluzioni civiche, è un moloch che sbarra il futuro.
Meglio, dunque, la trasformazione continua rispetto alle retoriche della comunità, del territorio, dei luoghi tradizionali. I giovani dei blog, tatuati nell’anima, guardano con disincanto lo scemare di un dopo Scala, come l’inpinguinirsi degli ultimi doppiopetti al convegno finanziario. Certo, c’è un popolo appartato di resistenza urbana, fatto di custodi spontanei dello spirito ambrosiano. E li peschi — inattesi — nell’allargarsi del semicentro, tra un sushi-bar ed una macelleria islamica. Dentro al negozietto ad una luce, dove il «giovane» di bottega — azzimato e smilzo — s’arrampica su un mobile terra-cielo accalcato di cassetti pieni di fusibili (hai presente il Padiglione Zero?) o in un dopo-lavoro inondato di bianchini e zanzare. Il milanese contemporaneo, invece, è aperto al mondo, sverna nella seconda casa, insegue i figli che studiano all’estero e si riconosce nel «lavorare bene» e in una sedimentata tenuta civica. Su tutte queste tribù urbane, affaticate dal tempo reale, scivolano via le primarie e i dibattiti sulla città metropolitana senza incidere sull’immaginario. Così come le zone-municipi (che guardano più a Roma che a Londra…) sono sorpassate dai gruppi di via su Facebook.
Qual è allora il governo di Milano senza più milanesi? Un governo polarizzato che salta dalle esigenze minime (metropolitane, parcheggi, tasse locali…) ad una richiesta di «racconto» simbolico globale, dai migranti alla Champions, dai grattacieli venduti ad un emiro alle rivendicazioni verso il governo centrale. Insomma, un governo debole e autorevole al tempo stesso, per tirar su dal buco i cittadini batman.