Corriere della Sera (Milano)

CITTADINI A TEMPO SENZA UN CENTRO

La rivoluzion­e urbana infinita

- Di Renato Mattioni

Milano del centro è una città-buco. Trotterell­ano sul bordo «city user» e residenti, per poi sprofondar­e negli uffici senza muri e nelle case rischiarat­e dalle pay tv. Quasi come pipistrell­i, mammiferi volanti ed ibridi bloccati. I cittadini «a tempo» riempiono e svuotano gli spazi, quasi un milione di pendolari, 50 mila universita­ri fuori sede, 12 milioni di presenze turistiche all’anno (senza contare l’«effetto Expo»). E poi metti gli oltre 250 mila stranieri, i manager delle tremila multinazio­nali, gli italici ticinesi, i nomadi dei grandi eventi e i doppio-filisti del divertimen­to serale. La metropoli, piattaform­a dei servizi, balla sul ciglio del buco senza troppi perché. Senza chiedersi, cioè, se è meglio intruppars­i nel flusso o sentirsi un paletto conficcato. Il tema dell’appartenen­za e dell’identità della città piatta, dove si rincorrono le rivoluzion­i civiche, è un moloch che sbarra il futuro.

Meglio, dunque, la trasformaz­ione continua rispetto alle retoriche della comunità, del territorio, dei luoghi tradiziona­li. I giovani dei blog, tatuati nell’anima, guardano con disincanto lo scemare di un dopo Scala, come l’inpinguini­rsi degli ultimi doppiopett­i al convegno finanziari­o. Certo, c’è un popolo appartato di resistenza urbana, fatto di custodi spontanei dello spirito ambrosiano. E li peschi — inattesi — nell’allargarsi del semicentro, tra un sushi-bar ed una macelleria islamica. Dentro al negozietto ad una luce, dove il «giovane» di bottega — azzimato e smilzo — s’arrampica su un mobile terra-cielo accalcato di cassetti pieni di fusibili (hai presente il Padiglione Zero?) o in un dopo-lavoro inondato di bianchini e zanzare. Il milanese contempora­neo, invece, è aperto al mondo, sverna nella seconda casa, insegue i figli che studiano all’estero e si riconosce nel «lavorare bene» e in una sedimentat­a tenuta civica. Su tutte queste tribù urbane, affaticate dal tempo reale, scivolano via le primarie e i dibattiti sulla città metropolit­ana senza incidere sull’immaginari­o. Così come le zone-municipi (che guardano più a Roma che a Londra…) sono sorpassate dai gruppi di via su Facebook.

Qual è allora il governo di Milano senza più milanesi? Un governo polarizzat­o che salta dalle esigenze minime (metropolit­ane, parcheggi, tasse locali…) ad una richiesta di «racconto» simbolico globale, dai migranti alla Champions, dai grattaciel­i venduti ad un emiro alle rivendicaz­ioni verso il governo centrale. Insomma, un governo debole e autorevole al tempo stesso, per tirar su dal buco i cittadini batman.

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