Corriere della Sera (Milano)

«Dopo Expo, 30 idee nessun progetto»

Il capo degli advisor: «Ora servono proposte concrete. E l’area è diventata appetibile»

- Di Paolo Foschini

«T renta proposte, ma ancora nessun progetto tecnicamen­te valido e valutabile»: neanche quelli di Università, Assolombar­da e Cassa depositi. Parla per la prima volta Andrea Silipo, presidente di Arcotecnic­a Group che con F&M guida il team cui è stato assegnato l’incarico di «advisor» per il futuro dell’area Expo. Che ora però «vale molto più di quando non l’aveva voluta comprare nessuno».

«Vede? Articolo 22».

Eh, vedo.

«L’Affidatari­o — cioè noi, il famoso advisor — si impegna a mantenere la massima riservatez­za su ogni informazio­ne o documento... etc etc».

Cioè l’intervista è finita.

«Ma no, parliamo pure: tanto di documenti veri, non dico progetti finiti ma almeno abbozzati, non ce ne hanno ancora mandato neanche uno».

Ma le proposte, le idee...

«Ah, per carità: di quelle ce n’è. E assai più delle tre di cui hanno parlato i giornali. Sono trenta, lo sa?».

A parlare nei suoi uffici di Piazza Missori è l’architetto Andrea Silipo, presidente di Arcotecnic­a Group. Di fianco a lui ci sono il suo capodipart­imento Paolo Viola e il business developer di F&M Ingegneria, Elena Sessa, cioè solo una piccola parte della équipe cui da pochi giorni è stato infine assegnato anche formalment­e l’incarico di advisor per «aiutare», diciamo, la società Arexpo proprietar­ia dell’area Expo (e per ora quindi la città di Milano e la Regione in primo luogo, magari un giorno anche il governo) a decidere cosa farci sopra quando l’Expo non ci sarà più. Perché naturalmen­te «sarebbe bello — interviene un attimo Sandro Favero, che di F&M è il fondatore — mantenere alcuni padiglioni iconici a testimonia­nza dell’evento» e magari «nuove funzioni di servizio»: tenendo conto fin da ora però che «le opere di riurbanizz­azione avranno un peso finanziari­o non trascurabi­le».

Architetto Silipo, ripartiamo. A che punto siete?

«Contratto firmato: abbiamo appena iniziato e novanta giorni per finire».

Urca.

«Prima ci sono altre cose da fare, indipenden­ti da noi. La famosa polvere sotto il tappeto».

Ci faccia capire.

«Le cose cui non si era dato peso, per finire l’Expo in tempo. Tipo l’acqua, perché i canali attuali sono il residuo tecnicamen­te provvisori­o di un progetto bloccato: che succede dopo il 31 ottobre? E l’elettricit­à? E internet? I cavi ci sono, ma il 31 i contratti scadono pure lì: e poi? E il nostro committent­e: Arexpo è nata per vendere un’area che nessuno ha comprato, il che peraltro è quanto ci ha portato a questo punto, ma non per gestire il progetto di un nuovo pezzo di Milano. Cioè: di chi saremo i consulenti? Chi comanda?».

Intanto però avete delle proposte da esaminare.

«Tecnicamen­te ancora no. Ci hanno portato bozze. Ma nessun progetto inteso come tale. Li abbiamo sollecitat­i, almeno sotto forma di manifestaz­ioni di interesse tecnicamen­te valide».

E l’Università? Assolombar­da? La Cassa depositi?

«Allo stato sono intenzioni. Scritte, ma niente più. Così ne abbiamo in realtà una trentina. Ma potrebbero arrivarne altre. Anche molto serie, aggiungo».

Lei sa cose che non dice.

«Mi limito a dire che quando la vendita dell’area Expo è fallita non c’era ancora stato il successo di Expo. Ma ora quell’area ha un altro valore».

Quindi ora c’è chi la vuole?

«Se ci fosse, anche qui, bisognereb­be almeno potergli risolvere qualche dubbio. Per esempio si dice che Expo è “ben collegata”: ma lo è adesso, per chi ci va un giorno. Se avrà una funzione quotidiana la domanda è: l’alta velocità fermerà ancora? La frequenza metro sarà la stessa? Per dire».

Fate questo lavoro per 31.500 euro, col ribasso da voi offerto. Chi ve lo fa fare?

«Lo avremmo fatto anche a zero euro, se fosse stato permesso. Abbiamo altri lavori importanti per fatturare. Ma vuoi mettere legare il nostro nome a un pezzo di Milano?».

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