Il festival
Dopo l’addio dei vertici va trovata una soluzione Perché MiTo deve resistere
Ore di riflessione, di preoccupazione e speranze per la musica a Milano. MiTo deve restare. Francesco Micheli, Enzo Restagno e Francesca Colombo se ne vanno. Lasciano il regalo di ore a Milano e a Torino. I regali bisogna riceverli, meritarli e raccogliere la voglia e l’insegnamento. La città pubblica e la città privata deve ripartire con la musica che crisi non può averne. Dobbiamo guardarci intorno insieme, trovare soluzioni, cercare amici, persone competenti e generose come quelle che hanno deciso di lasciare, affermando il principio che è bello restare ma che è bello anche lasciare il posto a quelli che vengono dopo. Tutti abbiamo ricordi personali: sette anni alla Filarmonica della Scala. Con l’orchestra ho girato il mondo. Pechino, Tokyo, Varsavia e via. Poi a Budapest. Viaggiare con l’orchestra è indimenticabile, le città le vedi durante le prove e poi al teatro. I musicisti hanno idee diverse, opposte, ma suonano insieme. Uno si inginocchia in chiesa a San Pietroburgo e la messa dura un’ora. L’altro, che suona lo stesso strumento a lui vicino, è assolutamente agnostico e di sinistra antica. Ernesto Schiavi è il direttore artistico che forse se ne va alla Rai, un passo che merita. Auguri a tutti ma anche a noi. La Filarmonica della Scala ci aiuterà sempre e continuerà ad andare in giro per il mondo a portare il segno di Milano. MiTo ci ha aperto le porte segrete della città, decine di concerti gratuiti e gli aiuti intanto sono diminuiti, troppo. Così con la musica abbiamo conosciuto la Milano e la Torino dei piccoli cortili, delle piccole chiese, quasi delle case. Anche per MiTo vengono i ricordi, i grandi direttori, Valery Gergiev, Daniel Harding, Georges Prêtre che a cena dopo il concerto voleva mangiare i rognoncini trifolati. Fabio Luisi, direttore della Metropolitan Opera di New York, che a San Pietroburgo venne accolto dal suono dell’orchestrina del ristorante. I suonatori erano sereni, non sapevano che li ascoltava un grande direttore. Gustavo Dudamel era sposato da pochi mesi e cenavano insieme alla Scala. Gli parlavamo delle Cinque Terre e lui era affascinato. Con la scioltezza distratta degli artisti disse d’impeto: «Vengo venerdì». La giovanissima moglie, sorpresa, gli disse serena: «Tu venerdì dirigi a Berlino».