CAPITALE MORALE OLTRE I NAVIGLI
Si torna a parlare di Milano, capitale morale. Il famoso mito, che contrappone la metropoli lombarda alla capitale politica, nacque nel XIX secolo e ha rappresentato uno dei più importanti momenti di autocoscienza delle classi dirigenti lombarde. Non stupisce che lo scatto d’orgoglio avvenuto nel segno dell’Expo abbia riesumato il mito forse più caratteristico dell’identità milanese. «Impronta Italia domandava Roma/Bisanzio le han dato» aveva commentato Giosuè Carducci a dieci anni dall’Unità di fronte alla retorica degli elmi di Scipio, precocemente sopraffatta dalla corruzione e dalla speculazione. A dispetto delle nobili memorie, gli antichi mali della fatiscente capitale papalina si erano sposati allo spregiudicato arrivismo dei nuovi faccendieri.
Negli ultimi 150 anni Roma è stata vissuta come il modello negativo in cui Milano si è specchiata alla ricerca d’identità. E va sottolineato che quello della capitale morale è stato l’unico mito non falsamente retorico messo a punto dalla borghesia italiana all’indomani dell’Unità. E se già il cantore della romanità, il poeta Giuseppe Gioachino Belli, si aggirava ammirato per le strade di Milano nei primi anni dell’Ottocento, mezzo secolo dopo avrebbe provveduto Giovanni Verga, a consolidare il primato della «città più città d’Italia».
Ma quale Italia? C’era un’Italia «che fa» e un’Italia «che parla» e i milanesi, araldi della prima, erano orgogliosi di mostrare cosa avevano saputo fare, organizzando la grande Esposizione nazionale del 1881. Forse non è una coincidenza che due Expo a distanza di 134 anni abbiano sancito l’attitudine della città a guardare avanti, a proporsi come laboratorio più avanzato del Paese, a scrollarsi di dosso i lacci parassitari della politica.
I fasti effimeri della Milano da bere sono stati gli ultimi bagliori di un primato mantenuto fino agli anni Cinquanta, quando il grattacielo Pirelli costituiva il simbolo della modernizzazione del Paese, l’emblema dell’Italia che rinasceva dopo le distruzioni della guerra. Ma prima il terrorismo, poi le inchieste di Mani Pulite avrebbero affossato il mito di Milano. Nella metropoli l’aggettivo morale sembrava ormai fuori corso. In seguito non avrebbero aiutato né la cultura di retroguardia della Lega, né gli intrighi tra sesso e potere delle inchieste berlusconiane.
L’Expo ha impartito una forte scossa. Se non sarà un fuoco di paglia, dipenderà dai milanesi. E dalla capacità della «capitale morale» di elaborare modelli civili esportabili oltre la cerchia dei Navigli.