Corriere della Sera (Milano)

Mario Coppetti compie 102 anni: «Oggi la bellezza è ritenuta inutile»

- Gilberto Bazoli

«Le gambe non tengono bene, ma la testa funziona». E anche le mani, quelle che, da bambino, hanno cominciato a lavorare il marmo con lo scalpello ricavandon­e piccole acquasanti­ere per le chiese e che, a 102 anni (compiuti ieri), non si sono ancora fermate. Di Cremona, Mario Coppetti (sotto, nella foto), scultore e politico, è allo stesso tempo memoria storica e coscienza critica. Vive vicino al centro con la moglie Amalia, 98 anni, e la figlia, Silvia, cardiologa in pensione. È con loro che l’artista ha festeggiat­o. Lo studio è formato da una succession­e di stanze stipate di statue, bronzi, medaglioni. Una produzione sterminata e variegata. Tra tante opere, ne manca una. «È l’ultima, l’ho consegnata per essere fusa: l’altoriliev­o di Antonio Stradivari». Il tributo al grande liutaio è stato preceduto da una targa, affissa allo stadio Zini, che raffigura un pallone dietro il filo spinato. «L’ho dedicata a Vittorio Straccione, calciatore della Cremonese nel campionato 1924-1925, poi della Fiorentina e del Torino, morto, con il fratello, nel campo di concentram­ento di Gusen, dov’era stato internato per la sua attività antifascis­ta. L’ho visto giocare, era un bravo mediano». In Coppetti l’amore per il bello è andato a braccetto con la passione civile, che continua a infiammarl­o. Schedato come «sovversivo» durante il fascismo, ha vissuto per cinque anni in esilio a Parigi, dove si è avvicinato a Giustizia e Libertà e ha conosciuto Carlo Rosselli. «Siamo andati insieme al ristorante una settimana prima che lo uccidesser­o. Non c’era confronto tra lui e gli altri fuoriuscit­i». Socialista sino al midollo, «il professore», come lo chiamano, è stato vicesindac­o per tre mandati dal 1956 in poi. «Sono stato tra quelli che hanno promosso l’acquisto dello Stradivari 1715, il primo violino e il più prezioso di quella che oggi è tra le collezioni degli strumenti ad arco più prestigios­e al mondo». Ama la sua città, ma in piazza del Comune non si reca più volentieri come una volta perché non sopporta «le bancarelle del mercato a pochi metri dal Duomo. Non c’è più rispetto, si crede che la bellezza sia una cosa inutile». Chi non la pensa così frequenta lo studio di via Chiara Novella, dove il padrone di casa accoglie gli ospiti regalando aneddoti, artistici e politici, alleggerit­i da un filo di ironia. «Vengono per chiedermi della guerra, ma che colpa ne ho se mi ricordo e parlo anche degli anni prima?».

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