Cambia l’agricoltura, i campi lilla
Coltivazioni di zafferano, spighe di mais blu, ecco i nuovi colori dei terreni brianzoli Nel segno della biodiversità soprattutto i giovani. Che si inventano «Mastri speziali»
Campi tinti di lilla dai fiori di zafferano in questi giorni d’inizio novembre. Spighe scure di mais blu che spuntano tra le brattee nelle campagne d’agosto. Rosso vivo dei lamponi nelle aziende agricole sul finir della primavera. Colori nuovi nei campi brianzoli e lombardi. Nuove colture. Che si affacciano, qua e là.E l’elenco stilato da Coldiretti Lombardia lo conferma: nei campi lombardi ci sono ad esempio anice, rafano, avena, topinambur, alchechengi, sambuco, quinoa, orzo, aneto, fico d’India. «È il segno di una nuova sensibilità nel recuperare biodiversità del tutto nuove o per anni trascurate», spiega Ermes Sagula, responsabile tecnico di Coldiretti Lombardia. «Sono spesso i giovani che ci provano, perché più sensibili, perché più portati a innovare, perché hanno voglia di costruirsi un futuro in tempi di crisi».
Come i fratelli Marco e Nicola Frettoli di Cornate d’Adda, che sabato prossimo, 14 novembre, apriranno in via Matteotti il loro spaccio di cibi e farine prodotti con il mais blu, l’unico in Italia, nato da un esperimento con l’università Statale di Milano per introdurre in Brianza il mais degli Inca che fa bene al cuore. Cinque anni di tentativi, alla fine ci sono riusciti. Ora vogliono espandersi all’estero.
O come i quattro giovani soci «Mastri Speziali» che in un campo a Usmate Velate producono zafferano riconosciuto di prima qualità dall’università Statale di Milano. Stessa qualità e teoria simile, quella dello zafferano prodotto da «Voglia di Verde» di Ronco Briantino, azienda agricola fondata da tre giovani nel 2010, mentre stanno avviando la coltivazione a Castello Brianza due amici, Pietro Caprara e Stefano Fumagalli: per ora non è un lavoro, potrebbe diventarlo.
E intanto Paolo Canali, agricoltore di Bellusco, nella sua azienda agricola «NaturalBrianza» di Vimercate produce frutti di bosco e verdure «ma nel 2013 ho seminato quattro antiche varietà di mais brianzolo e dell’Adda, con sementi fornite dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura di Bergamo: la migliore si è rivelata lo scagliolo di Trezzo sull’Adda, col raccolto di quest’anno vendo farina dei tempi andati macinata a pietra».
E poco lontano, a Oreno di Vimercate, è stata riscoperta la patata di Oreno, varietà tipica recuperata e immessa sul mercato due anni fa da Giuliano Fumagalli che produce e vende all’ingrosso e al dettaglio «gli gnocchi di Oreno», con tanto di marchio registrato. «Sono esempi positivi - continua Sagula — di un’agricoltura lombarda che cambia, dopo essere stata condizionata per secoli dalla zootecnia: molti campi sono coltivati a mais da destinare all’alimentazione animale, con rese altissime e mercato certo. Basti dire che solo il 15 per cento delle coltivazioni è destinato all’alimentazione umana: circa 150mila ettari su un totale di un milione coltivati. La maggior parte è occupata dai cereali, soprattutto riso e frumento, seguito dai prodotti orticoli e dai vigneti.
Ma scorrendo l’elenco delle colture lombarde, ci sono comunque circa trecento tipologie di prodotti coltivati. Molti sono piccoli appezzamenti, realtà che si muovono sulla volontà di pochi, piccoli proprietari».
In Brianza ad esempio: «Questa provincia — conclude Sagula — è particolare: ha la percentuale più bassa di terreni destinati all’agricoltura in Lombardia, spesso parcellizzati, legati al florovivaismo, alle produzioni orticole, alla capacità di recuperare e di pensare a prodotti diversi».