Le «star» del Salone innamorate della città
Progettisti dal mondo uniti: evento imperdibile Fukasawa: il successo si misura con la curiosità I giovani di Lambrate: non solo oggetti ma idee
«La si aspetta tutto l’anno, ci s’immerge nelle sue atmosfere, spostandosi tra gli eventi consigliati dalle tribù che fanno rete. E alla fine si è stanchissimi. Ma felici». Che cosa significhi la Settimana del Mobile (anche) per i designer affermati, lo sintetizza l’artista ispanico-milanese Patricia Urquiola (di Oviedo, ma «qui da 30 anni»). In questi giorni, con le sue opere, è presente quasi ovunque: in fiera, alla Triennale, in Brera, in Monte Napoleone, alla Statale.«More and more and
more. Sempre di più: l’evento cresce continuamente» raccontano altri due big in città: l’olandese Marteen Baas e l’inglese Max Lamb. Progettisti oggi in gran voga, che solo 13 anni fa venivano a Milano per la prima volta, da studenti entusiasti, e che oggi constatano lo status di imprescindibilità raggiunto dall’evento. «Mi stupisco sempre dell’altissimo livello di esposizioni e installazioni» aggiunge il francese Philippe Nigro, anch’egli un habitué, mentre il giapponese Naoto Fukasawa riconosce alla città il potere della tradizione: «Milano, da anni, in primavera, è il luogo dove essere: un palcoscenico e un megafono impossibili da ignorare».
Il distretto Brera
Al Brera Design District più che altrove, protagonisti sono i mobili, esposti (e in vendita) nei negozi, negli showroom e negli spazi affittati. Tema del 2016: progettare è ascoltare. Così l’animo del quartiere — focus sugli arredi — si riflette sui lavori degli artisti: Max Lamb con gli «sgabelli splatter» del marchio Hem (che «aiutano la socialità», dice lui, poiché utilizzabili in molti modi) in un suggestivo cortile di via Varese; Philippe Nigro con una libreria-labirinto all’ombra dei grattacieli di Porta Nuova, da Novamobili. Lamb, classe 1980, definisce il Salone come la «fiera più evoluta al mondo». «Eccitante, vibrante, sfiancante. Impossibile anche prendere un taxi ma è questo il bello. E discutere di affari al ristorante diventa un piacere».
«Momento democratico» contro l’esclusività della moda, per Nigro, classe ‘75, che riesce sempre a farsi «stupire». Per l’«altissimo livello» in mostra e per gli sforzi della città che «apre le sue porte», anche quelle solitamente nascoste.
Zona Savona-Tortona
Nelle location di Savona-Tortona, invece, il mobile in senso stretto fatica un po’ a trovare spazio, mentre innovazione e avanguardia sono di casa, grazie agli appuntamenti con i marchi della tecnologia o dell’automotive. Come le sculture di pyrolithic stone (materiale innovativo della thailandese Geoluxe) realizzate dal giapponese Fukasawa innanzi alla facciata del rudere vincolato dalle Belle Arti al 37 di via Savona. «Milano non è solo la città del design ed è questo che la rende diversa da New York o Colonia. Qui la gente parla, si scambia idee, ci sono diversi distretti. E il successo si misura con la curiosità che si riesce a suscitare ogni anno. È un evento avvincente, dall’ambiente unico».
L’olandese Baas è uno dei nomi del momento. «Di solito i miei eventi sono più rock’n’roll» dice. Stavolta, nella calma di via Savona 33, ha portato «New! Newer! Newest!», un progetto-provocazione della durata di 200 anni: «Per creare una foresta che vista dall’alto mostri la scritta “new” con i colori che cambiano con le stagioni; e creando una seduta (foto sopra), da un albero non ancora piantato». Del Design week è entusiasta: «Talvolta gli eventi sono troppi, ma con l’energia che si respira sembra possa succedere ogni cosa».
La XXI Triennale
«È un momento di rinascita, l’onda Expo va cavalcata: Milano era già arte e cultura 30 anni fa, oggi tutto il mondo guarda a ciò che accade qui. Ma ora bisogna scegliere il “come” guardare avanti» dice Urquiola, che partecipa anche alla Triennale, nell’ambito della mostra «W. Women in Italian Design».
Polo Ventura-Lambrate
Dall’altra parte della metropoli, nel «polo» di VenturaLambrate, c’è invece ancora poco occhio per il business: «Faccio installazioni artistiche per rendere le persone consapevoli» dice Jelle Mastenbroek, 28enne olandese candidato all’Award (votazioni tramite la app Fuorisalone) con la sua opera sui personal data: inserendo una card in un lettore, gli arredi in vetro, legno e porcellana intonano un concerto su misura. «Così, pur se amaro, strappo un sorriso alla gente...».
Marteen Baas In questi giorni c’è la sensazione che ogni cosa possa accadere: «reazione chimica» prodotta dall’incontro tra giovani ed esperti Max Lamb Sempre qui, prima da studente e poi come espositore Incredibile l’atmosfera: un mix di tecnica, internazionalità e lifestyle Philippe Nigro Il Salone è democratico: apre le porte alla gente, di luoghi antichi e moderni Rimango sempre stupito dal livello in mostra Patricia Urquiola L’evento ha acquisito sempre più valore: ora la città vive una sorta di rinascita Bisognerà saper essere contemporanei per andare avanti