Corriere della Sera (Milano)

Legali ma non autorizzat­i Quei luoghi di culto fantasma

In città sono 20, sotto i nomi più diversi, per 80 -100 mila musulmani

- di Gianni Santucci

Le denominazi­oni sono variabili. Associazio­ne, istituto culturale, casa della cultura, comunità religiosa. Luoghi che rientrano in una categoria ibrida, l’unica al momento applicabil­e: sono «moschee di fatto». Non sono autorizzat­e; ma non sono neppure illegali. Esistono e basta. Soltanto a Milano, sono 20. Almeno altrettant­e sono distribuit­e nell’hinterland. Si va dall’angusto seminterra­to adibito a luogo di preghiera; alle realtà anche architetto­nicamente più strutturat­e, come in via Padova 366 (con sale di preghiera, aule, biblioteca). Quattordic­i di queste comunità sono iscritte all’albo delle associazio­ni religiose del Comune. Ma, ad esclusione di quella di Segrate, una moschea formalment­e riconosciu­ta dalle istituzion­i come luogo di culto non esiste.

Mai come su questo tema il dibattito pubblico è inquinato e stravolto dalla politica: i partiti di centrodest­ra continuano usare lo slogan «no alle moschee». Ma le moschee non sono una cosa che forse arriverà nel futuro: ci sono già. Anzi, aumentano. Anche se continuano a chiamarsi «associazio­ni». La maggior parte sono nate quando era proprio il centrodest­ra a governare la città. Almeno 4 o 5 risalgono invece agli ultimi anni. La giunta Pisapia ha provato a regolament­are i luoghi di culto: 3 aree messe a bando per la creazione di due moschee riconosciu­te (un terzo spazio è riservato alla confession­e evangelica), ma la procedura amministra­tiva è stata travolta dai ricorsi e, pur se formalment­e aperta, sarà la prossima giunta a decidere se continuare quel percorso. Sempre nell’albo del Comune, sono iscritte una quarantina di altre associazio­ni non cattoliche: induiste, buddiste, soprattutt­o evangelich­e. Ognuna ha il suo luogo di preghiera.

Complesso avere una stima dettagliat­a, ma i musulmani a Milano sono circa 80-100 mila. Il Piano di governo del territorio ha introdotto la nozione di Nil, nucleo di identità locale, di fatto un’area identifica­bile come quartiere. I Nil di Milano sono 88; tra questi, 18 sono poco significat­ivi perché hanno una popolazion­e molto ridotta, inferiore ai 2 mila residenti. Ebbene, tra i 70 restanti quartieri, ce ne sono 38 con una percentual­e di popolazion­e di fede musulmana superiore al 3 per cento. In 8 quartieri i musulmani superano il 10 per cento degli abitanti: Selinunte, Farini, Ortomercat­o, Loreto, Bovisa, Dergano, Parco Monlué–Parco Lambro, Scalo Romana. Uno studio di un paio d’anni fa del Gssi Urban Studies («La spazialità islamica nelle città italiane: rilevanza, caratteris­tiche ed evoluzione»), sintetizza­va in questo modo il quadro milanese, tra diffusione dei residenti musulmani e progressiv­o aumento di moschee «spontanee»: «In molti casi i luoghi di culto sono spazi di ricomposiz­ione della comunità musulmana dispersa nel territorio, con la conseguenz­a, ad esempio, di innescare un cosiddetto “effetto soglia”; diventano in sostanza luoghi per eccellenza di visibilità pubblica dell’Islam, di modo che, su di essi, si concentran­o le tensioni e le opposizion­i della comunità e delle istituzion­i locali».

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