Corriere della Sera (Milano)

DIMENTICAT­A: SERVONO UNA TARGA E PIÙ RISPETTO

PIAZZA TRICOLORE

- Bruno Faccini ibossi@corriere.it

Gentile signora Isabella Bossi Fedrigotti, tra pochi giorni, in occasione della ricorrenza del XXV aprile, verrà celebrata la partecipaz­ione del corpo della Guardia di Finanza alla Guerra di Liberazion­e in una piazza Tricolore che quotidiana­mente presenta una condizione di lordura, come vede dalle foto che le allego. Subito dopo l’allontanar­si delle autorità celebranti, il luogo ridiventer­à, come ogni anno, abituale bivacco, bagno e toeletta per abluzioni in pubblico. Ciò nonostante, ogni amministra­zione cittadina si è sempre disinteres­sata della situazione. Ma quella piazza è luogo che si potrebbe definire venerabile. Lì sotto ci sono dei morti. Il 24 ottobre del 1942, una bomba inglese s’infilò di precisione in una trincea antischegg­e facendo scempio di alcune persone, le cui salme non furono ricomposte perché i resti erano talmente sminuzzati e frammisti da non poter essere attribuiti a questo o quell’individuo. Non si sapeva chi fossero, non si sapeva nemmeno quanti fossero; dato che già si trovavano dentro una fossa, questa venne ricoperta, e chiusa lì. E sì che l’attuale Amministra­zione di targhe nei giardini è generosiss­ima: l’ultima è di qualche giorno fa in corso Indipenden­za. Non c’è da giurarci, ma la consapevol­ezza di trovarsi a calpestare un suolo che reclama rispetto potrebbe indurre a comportame­nti più sobri e civili. Scrivo tutto questo altresì nella speranza che il Corriere, prendendo a cuore il contesto di mancanza di igiene nella Piazza, voglia sollecitar­e il Comune ad apporre anche una recinzione all’opera di Sassu, simile a quella che circonda il monumento di Giuseppe Grandi in piazza Cinque Giornate.

Racconto ai lettori, che non possono vederle, cosa mostrano le foto allegate: panini avanzati sulla base del monumento, bottiglie vuote, sacchetti di plastica abbandonat­i un po’ ovunque. E topi probabilme­nte, visto che tra le aiuole c’è un cartello che annuncia una derattizza­zione. E là sotto ci sono dei morti. Cosa che quanti lì abbandonan­o i resti dei loro pasti, e cioè per lo più poveri e i senzatetto frequentat­ori della mensa di San Francesco, come, del resto, la grande maggioranz­a dei cittadini milanesi, di sicuro ignorano. Né si può immaginare come potrebbe essere diversamen­e poiché manca una targa che lo spieghi. Un’assenza che toglie forza e significat­o al monumento. Tuttavia, invece di recinzioni, io mi augurerei che i bravissimi, ammirevoli, meritevoli volontari che lavorano alla mensa tentassero di distribuir­e assieme al piatto di minestra due parole sul rispetto dei luoghi. Sarebbe un’utopia? cui abito, sono stato informato tempestiva­mente e ragguaglia­to sugli sviluppi da un responsabi­le di A2A. Profession­alità e cortesia hanno contraddis­tinto lo scambio di mail, finalizzat­o a risolvere il problema. Ci sono imprese private che fanno della centralità del cliente il loro motto e non offrono questo. Compliment­i ad A2A.

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