Tutti accampati sotto la Mela E la piazza sopporta distratta
Tra i locali di Duca d’Aosta: non è una questione di sicurezza, ma di decoro
«I migranti seguono l’alta e la bassa stagione, come i turisti». L’aumento del flusso di profughi attorno alla «Mela reintegrata» di Pistoletto e in piazza Duca d’Aosta non spaventa Carmen, da 30 anni alla reception dell’hotel Michelangelo, una delle tante strutture ricettive vicine alla Stazione Centrale. «Direi che non c’è un problema di sicurezza — continua —, le forze dell’ordine e le guardie private dei vari alberghi garantiscono un buon servizio di sorveglianza». Anche il Michelangelo ha telecamere che registrano il passaggio delle persone agli ingressi. A parere, infatti, dei tanti che lavorano negli esercizi commerciali affacciati sulla grande piazza, con l’aumento dei migranti (anche ieri affollavano le aiuole d’erba e le poche zone d’ombra) è andato di pari passo crescendo il numero di controlli.
«Non ho paura di venire a lavorare da solo, anche di notte» conferma Jacopo, dietro la reception dello Smart hotel, all’inizio di via Napo Torriani. «L’area è tranquilla — aggiunge Oscar dell’hotel Bristol — non ci sono particolari problemi di ordine pubblico. Molto meglio rispetto a 10 anni fa». Anche il Gallia, proprio a pochi metri dalla «Mela», riscontra una situazione migliorata rispetto a quattro o cinque anni fa. I bodyguard all’ingresso fanno il resto.
Problemi di ordine pubblico iniziano a verificarsi però nei centri di accoglienza, ormai al limite. Proprio nel primo pomeriggio di ieri, nel centro di via Mambretti gestito da Fondazione Arca, un ospite con problemi psichiatrici ha dato in escandescenze e ha aggredito due persone. I feriti, non gravi, sono stati medicati al San Giuseppe e al Sacco. L’aggressore è stato arrestato per tentato omicidio.
L’emergenza migranti e il via vai di persone sembra non riguardare gli esercizi commerciali affacciati sulla piazza. Il punto di osservazione privilegiato è quello dell’edicola all’angolo. «I profughi non danno fastidio, ma soprattutto i bar preferiscono tenerli a distanza» racconta Pietro, che passa i pomeriggi nel chiosco tra giornali e souvenir. Un problema di immagine, quindi. «Una volta — prosegue — ho accompagnato uno dei tanti che vagano qui a prendere un caffè in un bar. Il proprietario ci ha chiesto di uscire in strada per berlo, però». «C’è una sorta di “barriera” che divide il problema profughi e i locali» commenta un barista.
Intanto i «nuovi arrivati» passano il pomeriggio sotto la «Mela» (girano col trascorrere delle ore, inseguendo l’ombra) o a rinfrescarsi alle fontanelle. L’unico esercizio in cui hanno provato a entrare, per utilizzare il bagno, è il McDonald’s. «Da qualche tempo però — continua l’edicolante — hanno messo una guardia all’ingresso del locale, così ora stanno lontani pure da lì».
Dei vari ristoranti e bar, nessuno segnala gesti di solidarietà nei confronti dei migranti. Le rimanenze delle cucine non vengono destinate a chi ne avrebbe bisogno. Un parallelo contrastante con i 500 scatoloni con beni di prima necessità donati dai milanesi in questi giorni. Chi fa qualcosa, lo fa come privato cittadino. «Sono andato a fare il volontario in un centro accoglienza» spiega ancora Jacopo dello Smart hotel. L’emergenza migranti è lontana dalla hall dell’albergo in cui lavora.
All’edicola Ho portato un uomo che vagava in piazza al bar per un caffè, ma ci è stato chiesto di uscire L’albergo Non c’è un problema di sicurezza, le forze dell’ordine e le guardie private garantiscono sorveglianza Al bar C’è una sorta di barriera che divide il problema dei migranti dai locali e negozi di piazza Duca d’Aosta