Uccidere per comandare
Agguato di via Castelbarco. Fermati due ventenni per l’accoltellamento
Volevano riaffermare il loro potere dopo la retata che li aveva decimati. Per questo la banda Ms13, la più violenta delle pandillas milanesi, ha compiuto gli agguati di piazza Sraffa e via Castelbarco.
Era tempo di tornare quelli di prima. Per questo andava lanciato un messaggio chiaro: la Mara Salvatrucha è ancora in città. Di nuovo compatta. Affamata più di prima. Ragazzini di vent’anni con le lame in tasca. Carichi e con un nuovo capo. Ecco come si spiegano i due accoltellamenti avvenuti la sera di domenica 3 luglio tra piazza Sraffa e via Castelbarco, nei quali sono rimasti vittime un ragazzo salvadoregno di 22 anni, sopravvissuto per miracolo, e un 18enne albanese per il quale, nonostante gli sforzi dei medici dell’Humanitas per tenerlo in vita, è stata dichiarata la morte cerebrale.
Dietro tanta violenza c’è la voglia di riaffermare, dopo la retata che nel 2013 ha menomato la banda, il dominio della Ms13, la più violenta, almeno nella geografia delle pandillas milanesi. Gli investigatori della seconda sezione della Squadra Mobile, coordinata da Paolo Lisi, hanno fermato i due presunti responsabili. Si tratta di Omar Antonio Velasquez, detto «Chukino», 20 anni, nullafacente e Mauricio Arturo Sanchez Soriano, alias «Peludo», 21, operaio in regola. Entrambi di El Salvador, con precedenti per rissa e porto d’armi.
Il primo è accusato dell’aggressione ai danni del 22enne circondato e aggredito in piazza Sraffa, poco distante dalla discoteca Lime Light. Mentre le contestazioni per Peludo riguardano il quasi omicidio ai danni dell’albanese Albert D., che altro non sarebbe se non un «gesto dimostrativo», per accreditarsi definitivamente, in ossequio al codice delle bande, come nuovo ranflero (capo) della Ms13. Secondo quanto ricostruito, il 3 luglio i due sono escono di casa già armati. Chukino con un grosso taglierino da cantiere, Peludo con un coltello a serramanico che verrà trovato a casa sua, nascosto dietro un mobile. Sono in gruppo, una ventina di giovani in tutto. La banda viene respinta dalla sicurezza all’entrata del Lime Light. Sono turbolenti a prima vista, gente che porta guai.
Il primo a fare le spese della ferocia insensata del branco è il salvadoregno, circondato e accoltellato ripetutamente solo perché sospettato di essere un contrario, ossia membro di un gruppo rivale (nemici giurati della Ms13 sono i Barrio 18). Si salva perché la lama del taglierino gli sfiora soltanto la trachea. Gli vengono applicati 120 punti di sutura in tutto il corpo. Si scopre che in realtà è un ragazzo tranquillo, che non ha nulla a che vedere con le bande. Chukino esce di scena in macchina, con alcuni compagni. Restano gli altri latinos con Peludo. Quest’ultimo avrebbe un «pedigree criminale» più alto, perché la sua affiliazione alla Salvatrucha sarebbe avvenuta in tenera età, e direttamente in El Salvador. Aveva tutte le carte in regola per ridare forza sotto la sua guida alla sezione milanese della Ms13. Alla fermata del tram 15 incrocia lo sguardo dell’albanese, che era in compagnia di amici di varie nazionalità e cerca un pretesto per attaccare briga. La vittima viene tirata giù a forza dai ragazzi che si avventano impazziti contro il mezzo pubblico e viene colpito 4 volte al cuore. Davanti agli inquirenti, Peludo non mostra alcun segno di pentimento. Non fa nessun nome, e la gang non la menziona mai.