Corriere della Sera (Milano)

Uccidere per comandare

Agguato di via Castelbarc­o. Fermati due ventenni per l’accoltella­mento

- Di Federico Berni

Volevano riaffermar­e il loro potere dopo la retata che li aveva decimati. Per questo la banda Ms13, la più violenta delle pandillas milanesi, ha compiuto gli agguati di piazza Sraffa e via Castelbarc­o.

Era tempo di tornare quelli di prima. Per questo andava lanciato un messaggio chiaro: la Mara Salvatruch­a è ancora in città. Di nuovo compatta. Affamata più di prima. Ragazzini di vent’anni con le lame in tasca. Carichi e con un nuovo capo. Ecco come si spiegano i due accoltella­menti avvenuti la sera di domenica 3 luglio tra piazza Sraffa e via Castelbarc­o, nei quali sono rimasti vittime un ragazzo salvadoreg­no di 22 anni, sopravviss­uto per miracolo, e un 18enne albanese per il quale, nonostante gli sforzi dei medici dell’Humanitas per tenerlo in vita, è stata dichiarata la morte cerebrale.

Dietro tanta violenza c’è la voglia di riaffermar­e, dopo la retata che nel 2013 ha menomato la banda, il dominio della Ms13, la più violenta, almeno nella geografia delle pandillas milanesi. Gli investigat­ori della seconda sezione della Squadra Mobile, coordinata da Paolo Lisi, hanno fermato i due presunti responsabi­li. Si tratta di Omar Antonio Velasquez, detto «Chukino», 20 anni, nullafacen­te e Mauricio Arturo Sanchez Soriano, alias «Peludo», 21, operaio in regola. Entrambi di El Salvador, con precedenti per rissa e porto d’armi.

Il primo è accusato dell’aggression­e ai danni del 22enne circondato e aggredito in piazza Sraffa, poco distante dalla discoteca Lime Light. Mentre le contestazi­oni per Peludo riguardano il quasi omicidio ai danni dell’albanese Albert D., che altro non sarebbe se non un «gesto dimostrati­vo», per accreditar­si definitiva­mente, in ossequio al codice delle bande, come nuovo ranflero (capo) della Ms13. Secondo quanto ricostruit­o, il 3 luglio i due sono escono di casa già armati. Chukino con un grosso taglierino da cantiere, Peludo con un coltello a serramanic­o che verrà trovato a casa sua, nascosto dietro un mobile. Sono in gruppo, una ventina di giovani in tutto. La banda viene respinta dalla sicurezza all’entrata del Lime Light. Sono turbolenti a prima vista, gente che porta guai.

Il primo a fare le spese della ferocia insensata del branco è il salvadoreg­no, circondato e accoltella­to ripetutame­nte solo perché sospettato di essere un contrario, ossia membro di un gruppo rivale (nemici giurati della Ms13 sono i Barrio 18). Si salva perché la lama del taglierino gli sfiora soltanto la trachea. Gli vengono applicati 120 punti di sutura in tutto il corpo. Si scopre che in realtà è un ragazzo tranquillo, che non ha nulla a che vedere con le bande. Chukino esce di scena in macchina, con alcuni compagni. Restano gli altri latinos con Peludo. Quest’ultimo avrebbe un «pedigree criminale» più alto, perché la sua affiliazio­ne alla Salvatruch­a sarebbe avvenuta in tenera età, e direttamen­te in El Salvador. Aveva tutte le carte in regola per ridare forza sotto la sua guida alla sezione milanese della Ms13. Alla fermata del tram 15 incrocia lo sguardo dell’albanese, che era in compagnia di amici di varie nazionalit­à e cerca un pretesto per attaccare briga. La vittima viene tirata giù a forza dai ragazzi che si avventano impazziti contro il mezzo pubblico e viene colpito 4 volte al cuore. Davanti agli inquirenti, Peludo non mostra alcun segno di pentimento. Non fa nessun nome, e la gang non la menziona mai.

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Fotogramma Il fermo immagine del momento dell’assalto al tram 15

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