I GIOVANI «SENZA» FUORI DAL LIMBO
Inostri giovani sono in proporzione ad anziani ed adulti pochissimi. Da catastrofe demografica. In più, troppi, tra i 15 e 24, sono Neet: ben 2,3 milioni non studiano, non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano. Dario Di Vico ha denunciato il problema sul Corriere di domenica. Che fare? Purtroppo, il programma europeo Garanzia Giovani, gestito dal governo centrale al solito modo di ogni centralismo, sebbene molto ricco di incentivi, non ha spostato che di invisibili iota la situazione.
Quasi un insuccesso annunciato. Servono urgenti terapie. Anche se fossero contrarie allo spirito dei tempi. La causa più radicale dei Neet si ritrova, infatti, in un pregiudizio che pare immodificabile: il lavoro è il contrario dello studio e della formazione, soprattutto se di qualità. Per questo, nei suoi confronti, vanno posti in atto tutti gli interventi precauzionali possibili. Rimandarlo a tempi sempre più avanzati. Salvare i giovani dalla sua esperienza almeno fino al post laurea. Permetterlo, al massimo, solo a chi fallisce negli studi, ma, anche qui, non prima dei 16 anni. Con questo «fixed mindset», però, non si riuscirà mai a dimostrare che il lavoro formativo, anche quando si esercitasse su lavori poveri e socialmente squalificati, non ha niente a che fare con il lavoro solo produttivo, con lo sfruttamento minorile, con la violazione della dignità umana, con la fatica stupida e incolta. Se cominciassimo, infatti, dalla scuola dell’infanzia ad adoperare le esperienze di lavoro (dall’orto alle stalle alle imprese artigiane ecc.) per dimostrare, con adeguate tecniche didattiche ed epistemologiche, come esse possano sviluppare più e meglio di artificiali ambienti di apprendimento scolastici conoscenze significative, abilità generali, competenze personali sempre più criticamente sistematizzate, stupirebbero molto meno alcuni sani propositi oggi purtroppo dichiarati ma poco praticati. In particolare, valorizzare le esperienze di lavoro formativo in impresa dai 15 anni; investire in modo prioritario sulla strategia dell’apprendistato formativo di I livello a partire dai 15 anni per giungere a quello di III livello fino ai 29 anni; declinare l’alternanza scuola lavoro non come una parentesi dalle lezioni ordinarie, ma come la modalità ordinaria per fare sempre, questa sì, senza retorica elettorale, «buona scuola».
Come ha fatto Regione Lombardia che ha anticipato queste strategie e che, non a caso, anche grazie a Dote Unica Lavoro, è riuscita ad abbattere alla metà la media nazionale di Neet e ad assicurare lavoro ai giovani iscritti a Garanzia Giovani meglio delle altre Regioni.