Corriere della Sera (Milano)

LA PROVA DEI FATTI DOPO LE PROMESSE

- Di Massimo Rebotti

«Il sindaco — ha detto ieri Matteo Renzi — è una macchina da guerra». Nei confronti di Beppe Sala, il premier è tornato agli entusiasmi di un tempo, quando il primo guidava Expo e il secondo non perdeva occasione per coprirlo di elogi e ribadire che gli sarebbe piaciuto molto vedere quel manager come candidato del centrosini­stra per Palazzo Marino. Durante la campagna elettorale, soprattutt­o nell’ultima fase, le cose erano andate diversamen­te: con Sala che, fiutato a sinistra un vento ostile al premier, si era tenuto più lontano da Renzi e Renzi che, a sua volta, aveva reso più rade le sue apparizion­i in città.

Passate le elezioni, è tornato il feeling. La ragione politica è evidente: per il segretario del Pd la vittoria di Sala è stata determinan­te per evitare che le Amministra­tive dello scorso giugno si trasformas­sero in una débâcle; la sua visita di ieri, quindi, è stata anche la celebrazio­ne di uno scampato pericolo. Per il sindaco, viceversa, l’incontro è servito a far pesare l’importanza politica del suo successo sul tavolo dei negoziati con il governo. Come ai tempi di Expo, poi, Renzi è tornato a definire Milano città di riferiment­o del suo governo («Può aiutare l’Italia a recuperare il posto che merita»). Un po’ per necessità — a Roma, Napoli o Torino governano altri, a lui particolar­mente ostili— e un po’ per convinzion­e. Dalle opportunit­à derivanti dalla Brexit fino ai progetti per evitare le esondazion­i del Seveso, si è mostrato talmente fiducioso sul futuro della città guidata da Sala da annunciare per settembre un «patto tra Milano e il governo».

Un passo ben più impegnativ­o rispetto alla generica disponibil­ità a collaborar­e offerta agli altri sindaci usciti vincitori nell’ultima tornata amministra­tiva. Nel caso di Milano ovviamente conta il fatto che l’esecutivo e la giunta hanno lo stesso «colore» politico, e anche che il Pd milanese, qui più renziano che altrove, sia stato uno dei pochi a vincere. Ma in questa promessa di un rapporto «speciale», conta anche l’idea, molto presente nell’entourage del premier, che Milano sia il luogo più adatto — probabilme­nte perché meno in crisi di altri — per recepire il messaggio «ottimista» del capo del governo. Se ieri, però, è stata la giornata degli annunci e dei riconoscim­enti — «Milano è la capitale non solo economica del Paese» ha detto Renzi — tra poco verrà il tempo dei fatti. Già a settembre si potrà valutare il peso specifico del «patto»: di quali scelte, priorità e investimen­ti si compone.

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