SICUREZZA E NUOVI CITTADINI
La nuova mappa della città diventa sempre più colorata. Incrocia residenti e imprese in un equilibrio multietnico complicato, talvolta instabile. Bastano poche cifre. Nella zona di Loreto e via Padova, un residente su tre è straniero e sono oltre 2 mila le «extra imprese». Così al Corvetto, con diecimila residenti e mille imprese di stranieri.
Negli ultimi dieci anni la percentuale di richiesta di occupati stranieri si è dimezzata. E non c’è integrazione senza lavoro. Le isole a rilevanza straniera per ora sono dentro al tessuto urbano, senza ghetti metropolitani. Ma richiedono, comunque, la guardia alta in tema di sicurezza — che non ha mai una casacca politica — con un rafforzato controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Insieme, comunque, vanno incentivate le filiere di integrazione sociale.
Magari in modo articolato, come un programma di nuova cittadinanza. Partendo dalla scuola, che «allargando» la propria funzione educativa, rappresenta la prima piattaforma di aggregazione. Poi i presidi sociali, dagli oratori — che sono i veri alleati delle famiglie e restano luoghi aperti — alle «social-street» che ricostruiscono le comunità sulla rete.
E ancora l’offerta dedicata dei centri civili, degli impianti sportivi e delle scuole comunali, con l’importante iniziativa dei corsi di italiano gratuito (un’antica consuetudine risalente agli anni Sessanta dedicata all’immigrazione interna).
Si aggiunga poi il tema delle locazioni commerciali nelle periferie, dove si rischia la desertificazione imprenditoriale, che richiede politiche di sgravio fiscale, per agevolare l’abbassamento dei canoni e la permanenza di attività del terziario di mercato. Per far da cornice alle iniziative ci vorrebbe un patto di nuova cittadinanza, che coinvolga le istituzioni, le imprese, le comunità straniere, i consolati perché, alla fine, vale sempre l’editto di Ariberto, e chi viene a Milano e sa lavorare è un uomo libero.