Delitto di Voghera Ucciso per un pugno di hashish scontato
L’assassino in casa della vittima per un mese
L’assassino è l’amico. Il movente la droga. Per l’omicidio di Franco Catracchia i carabinieri hanno eseguito un fermo tra le frequentazioni della vittima. Si tratta di un tunisino di 56 anni, Zerbi Mohamed Lasad, in Italia senza fissa dimora, ed è accusato di avere ucciso e poi di essere fuggito liberandosi dell’arma. Si chiama . Vittima e carnefice vivevano ai margini della società. Una vita di disagi, abusi e stenti, quella di Franco Catracchia, il 47 enne assassinato a colpi di spranga, trovato esanime sabato 7 gennaio poco prima di cena, nel suo monolocale al 70 di via Negrotto Cambiaso, alla periferia di Voghera. L’uomo era riverso in una pozza di sangue, senza più denti e con la testa fracassata. A trovare Catracchia era stato il vicino di casa. Aveva notato la porta aperta e senza chiave, e siccome non aveva più notizie dell’uomo è entrato nell’appartamento ed ha scoperto il cadavere.
Ascoltato dai carabinieri, il vicino aveva più volte ribadito di essere del tutto estraneo alla vicenda. Non aveva avuto dubbi, non aveva mai esitato. Del resto i carabinieri hanno ben inteso sin dai primi momenti L’accusato ha colpito l’amico nel mezzo di una lite per una dose ceduta a poco prezzo quale fosse la rete di contatti tra cui scavare per arrivare all’assassino. Gli uomini del reparto operativo del Comando provinciale di Pavia e i colleghi del Radiomobile di Voghera hanno iniziato a mettere sotto pressione le persone che Franco frequentava. Così per arrivare alla soluzione del delitto sono bastati i contatti diretti e gli interrogatori in caserma ai senza tetto e ai tossicodipendenti di Piazza San Bovo, la zona degli «invisibili», crocevia di sbandati, per capire come potevano essere andate le cose.
Le indagini hanno portato dritto al tunisino 56 enne, irregolare in Italia da 12 anni, con intere pagine di precedenti penali. Franco conosceva il suo carnefice, l’aveva ospitato in casa per un mese, condividendo quell’appartamento malsano e sporco, dove la sera rincasavano, annebbiati dalla giornata di eccessi. I due hanno passato il Capodanno insieme; il tasso alcolico era sicuramente alto, forse avevano assunto anche sostanze stupefacenti. Poi la lite feroce. Secondo la ricostruzione degli investigatori dell’Arma, Franco si sarebbe arrabbiato con il tunisino per il prezzo troppo basso di una dose di cocaina ceduta da quest’ultimo a un tossico, in cambio di hashish. Guadagni persi secondo «il Romano»; pochi spiccioli che gli sono costati la vita. Il tunisino a questo punto avrebbe impugnato una barra di metallo colpendo con forza e più volte il volto e la testa di Franco. Poi se ne sarebbe andato senza nemmeno verificare se il compagno di sventura fosse vivo o morto. Scappando si è liberato dell’arma, buttata in un campo a poche decine di metri dal luogo del delitto, quindi ha chiesto ospitalità a un altro conoscente come se nulla fosse accaduto. Franco, a quel punto, gravemente ferito, ma ancora in vita, si sarebbe trascinato sul letto senza chiamare nemmeno i soccorsi. La morte secondo gli investigatori sarebbe sopraggiunta successivamente, se non il giorno seguente. Sarà comunque l’autopsia a chiarire l’ora della morte. E il tunisino fermato? Ha raccontato ai carabinieri dove aveva gettato la spranga usata per colpire a morte Franco poi non ha più detto una parola.
La soluzione