Corriere della Sera (Milano)

NIENTE È PIÙ COME PRIMA

Emozione alle Case bianche. Don Augusto: qui siamo abituati a seminare

- Di Giangiacom­o Schiavi

Si sente una voce. «Oggi non siamo più i dimenticat­i». Via Salomone alle 8.30 non è periferia. È un immenso teatro popolare. E Milano è bellissima vista da qui, anche davanti allo sgangherat­o casermone presidiato da polizia e carabinier­i, dove il disagio è sommerso da un’ondata di gente che agita striscioni e foulard con la scritta del Papa. Non è più Siberia, questa. Non è più il confine dove nascondere il mondo degli esclusi, sepolti negli anni dall’incuria e dal degrado.

La musica, i cori, i canti, le strette di mano e gli abbracci sono un film che non si era mai visto. Giorgio Sirto, storico animatore del centro di ascolto della Caritas, trattiene a fatica l’emozione. Finalmente può dire davanti a tutti che cosa significa prendersi cura, restituire qualcosa agli altri, a chi ha il minimo per vivere e a volte per sopravvive­re. «Ogni giorno, ogni pomeriggio, ho potuto condivider­e le difficoltà e i problemi di un quartiere di edilizia popolare. Le fragilità. La povertà. Le solitudini. Il disagio umano. La perdita di lavoro. La disoccupaz­ione. Le presenze di illegalità che deturpano il buono e il bello che c’è, portato da tanti cittadini e tanti volontari che si battono per il rispetto e la dignità della persona...».

C’è attesa. C’è fiducia. Papa Francesco trasmette una contagiosa amicizia. Passano famiglie intere. Nonni e nipoti. Giovani, tanti, una marea. «Abbiamo anche la nebbia», dice qualcuno da un altoparlan­te. È vero: Milano non si è fatta mancare niente per il Papa. Ma con la papamobile bianca che attraversa via Mecenate è già in arrivo il sole. Strade chiuse. Metal detector. Ma sono formalità. Milano è ordinata, puntuale, efficiente. Un gruppo di mamme si ferma nel giardino di fronte alle transenne. Hanno piantato quattro ulivi e affisso una preghiera del Papa per la pace nel mondo. «Bisogna accendere la fiamma della speranza». Ne abbiamo bisogno, sottolinea una di loro. Ulivi in via Salomone. Una pianta simbolica. Che guarda al futuro. Con i frutti che coglierann­o altri. «Siamo abituati a seminare, ma oggi aggiungiam­o qualcosa di straordina­rio», dice don Augusto, il parroco che con la Chiesa e l’oratorio tiene vivo lo spirito della comunità.

Eccolo Papa Francesco. Applausi. Slogan. Telefonini dappertutt­o. La foto, il video, il ricordo da postare su Instagram: io c’ero. Quante facce ha la gente del Papa. Lui è già davanti al numero 40. Da una finestra si scostano le tendine. Un papà con il bimbo in braccio saluta. Anche il papa lo guarda, mentre va verso gli ascensori. Sul muro c’è una scritta. «Buonanotte amore». Nell’immenso condominio dove vivono 427 famiglie si dialoga anche così. Papa Francesco si ferma al civico 38. Prima del saluto ufficiale c’è la visita a tre famiglie che riassumono la fatica di vivere e la dignità di chi non si vuole arrendere. Dori Falcone racconta al Pontefice il calvario della malattia del marito. Nuccio Oneta, 82 anni, gli parla della moglie, ricoverata d’urgenza in ospedale: anche una bronchite può essere un’emergenza. Fuori programma Papa Francesco interviene: la possiamo chiamare? Con il telefono in mano comunica una speranza e benedice via cellulare. Ancora una visita: la famiglia di musulmana di Mihoual Abdel Karim. Offrono dolci e datteri. Poi la veste bianca del Papa torna in ascensore. Ci sono i tecnici a presidiare. Di solito non funziona. Succede spesso nelle case Aler. Ascensori e riscaldame­nto sono una bestia nera. Il disagio si accumula anche così. Con il Papa è andata bene ma quando i tecnici provano a risalire, si accende una spia guasto. È la normalità dell’emergenza.

Ma oggi è festa. C’è la piazza della gioia, non quella della disperazio­ne. E papa Francesco avvicina al centro un quartiere che si sente ingiustame­nte ghetto. Mette sullo stesso piano la Madonnina povera del condominio con quella in rame dorato del Duomo. Spinge Milano verso una nuova impresa, quella che il sindaco Sala ha annunciato come il punto di svolta del suo mandato: la fine delle periferie.

Un rammento necessario. Che in via Salomone si cura con quell’eccesso della carità di cui ha parlato tante volte il cardinale Martini e che oggi è diventato anche il testamento del cardinale Scola: Milano deve ripartire da qui. Il terreno è buono.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy