Pellegrini a Monza «Sfida alle paure»
Con le famiglie verso il parco di Monza. «Esperienza unica»
Si sono messi in marcia all’alba, chi a piedi, chi in bus, chi in treno. La meta: il parco di Monza, per l’affollatissima messa. Dicono: «Questa è la nostra risposta al popolo delle paure».
Il grande giorno inizia fin troppo presto. La sveglia suona poco prima delle 4. Marco e la cugina Debora Petriccione — 20 anni lui, due in più lei, entrambi studenti universitari — si alzano al primo trillo. Doccia, colazione e scelta dell’abbigliamento. La sera prima hanno preparato un doppio outfit: tenuta leggera in caso di sole; mantellina, scarponi e quant’altro per la probabile pioggia. Il meteo è stato clemente. Escono che sono appena le 4.30. Per loro sarà una lunga giornata. «Si sono offerti volontari per aiutare i pellegrini lungo il tragitto», spiegano i genitori.
Il resto delle due famiglie si mette in moto con più calma. Ci sono Maurizio, Stefania ed Edoardo, fratello sedicenne di Marco; e Antonello, Elisabetta e Daniele, fratello più piccolo di Debora. In tv seguono le tappe milanesi della visita del Pontefice. Poi, si va. L’appuntamento è alle 10.30 con il resto del gruppo, la parrocchia di Santa Maria Assunta in Turro, alle spalle di viale Monza. Inizia il viaggio per abbracciare il Santo Padre. In tutto sono in una trentina, tutti col foulard verde. Sempre insieme, compatti. Si sale sulla Rossa per cinque fermate fino a Sesto Rondò. «Capolinea chiuso, scendere dai treni». Si prosegue a piedi, diretti alla stazione ferroviaria. Si è fatto mezzogiorno. Cinque minuti di treno ed ecco Monza. Sul piazzale affollato alcuni gruppi si prendono una pausa. Boyscout e tutor si affannano a tenere impegnati i più piccoli.
«C’è molta attesa per il messaggio di speranza del Santo Padre — dicono Antonello e Maurizio —. Ma oggi è anche un’occasione per stare con gli amici e vivere un’esperienza insieme, con un obiettivo che ci accomuna tutti». I figli sorridono, e non nascondono che un certo peso nella scelta di partecipare potrebbe averlo avuto anche quel compito in classe sul Manzoni...
Manca l’ultima tappa, di nuovo a piedi: oltre due chilometri fino al parco. La marcia procede ordinata: tutti sulla metà destra della carreggiata; a sinistra passano le auto di servizio e le famiglie che hanno scelto il pellegrinaggio in bici. A bordo strada è un ripetersi: «Un euro per la bandierina del Papa». I gadget non mancano: la sciarpetta, la card, la rivista di musica che celebra Francesco come una rockstar. Intanto si parla, si ride, si canta, con tanti accenti: di ogni angolo della Lombardia, di mezza Italia, di posti lontani. «E si fanno nuove conoscenze». Elisabetta e Anna si sono aggregate al gruppo anche se sono di Verona, l’una, di Bergamo, l’altra. «Per noi è la prima volta che vediamo il Papa. Non vediamo l’ora».
Più ci si avvicina, più si fa visibile il sistema di sicurezza. Si susseguono i posti di blocco. Maurizio anticipa la domanda. «Ci si pensa dopo i fatti di Londra ma non possiamo chiuderci in casa. La risposta sarà superiore ai timori» assicura. Davanti ai cancelli si arriva con gli zaini già aperti per i controlli. Una volta dentro ci si sistema. La spianata verde di fronte all’immenso palco bianco è già affollata. Si aprono gli sgabelli da campeggio: non resta che attendere il grande momento.