Corriere della Sera (Milano)

L’UMANITARIA, 75 MILA PROFUGHI E IL GRANDE CUORE DI MILANO

- gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, in un articolo di qualche tempo fa Ada Comoretto, una signora che gestisce un negozio di materiale elettrico in corso Como, ha ricordato l’Umanitaria, una splendida realtà milanese di cui i giovani hanno perso la memoria. Invece sarebbe bello ricordare che cosa ha fatto, perché il «coeur in man» di cui ha parlato papa Francesco ringrazian­do i milanesi è stato il distintivo di quell’istituzion­e, soprattutt­o negli anni delle due guerre. Carlo Simontacch­i

Caro Simontacch­i, quando sono arrivato al Corriere (mi sembra ieri ma sono passati trent’anni) Arturo Colombo, collaborat­ore e autorevole storico mi prese da parte per segnalarmi una disattenzi­one per lui imperdonab­ile nei confronti dell’Umanitaria: ci eravamo dimenticat­i di segnalare un convegno sui filantropi che avevano sostenuto l’Istituzion­e nella sua azione assistenzi­ale, formativa e di incivilime­nto alla fine del primo conflitto mondiale. Una svista banale? «No, rispose, è importante fare sapere che cosa hanno fatto Milano e l’Umanitaria in quegli anni, con il Corriere a fianco e il sostegno di tanti cittadini». Aveva ragione. Nella storia e nella memoria di Milano, l’Umanitaria non si può dimenticar­e: pur cambiata, trasformat­a, ridimensio­nata, rimane un anello fondamenta­le di quel cuore che papa Francesco, ha elogiato. Perché non esiste da nessuna altra parte qualcosa di analogo al progetto di Prospero Moise Loira, mercante israelita e mecenate illuminato, che destinò il suo ingente patrimonio alla costruzion­e di una società «capace di mettere i diseredati, senza distinzion­e, in condizione di rilevarsi da sé medesimi, e di operare per l’elevazione profession­ale, intellettu­ale e morale dei lavoratori». Scuole, asili, corsi profession­ali, arti e mestieri, edilizia popolare, uffici di collocamen­to, bibliotech­e, teatri, banche cooperativ­e, molto di quel che oggi si chiama welfare è partito da lì e dal contributo di persone come i Majno, le Montessori, i De Sabata, i Munari e prima ancora Turati e Caldara. Ma c’è dell’altro che mi è stato ricordato di recente e torna di attualità per Milano: nel 1918, dopo Caporetto, davanti alla devastazio­ne della guerra, l’Umanitaria diede assistenza a 75 mila profughi. «Giungevano a mille a mille, un intero popolo di due città, con nel cuore lo strazio degli abbandoni di parenti e amici smarriti nel gigantesco scompiglio delle fughe», si legge in un documento d’archivio. L’Umanitaria provvide a tutti. Erano 75 mila e Milano non si è tirata indietro. Questa città non arretra nella solidariet­à.

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