Corriere della Sera (Milano)

Aiace e Prometeo Variazioni sul mito

Eschilo e Sofocle sui palchi di Pacta e Menotti

- Claudia Cannella

L’uomo, con la sua natura fatta di imperfezio­ni e fragilità, è al centro di due riscrittur­e in chiave contempora­nea del «Prometeo incatenato» di Eschilo e dell’«Aiace» di Sofocle, rispettiva­mente in scena, da questa sera fino al 2 aprile, al Teatro Menotti e al Pacta Salone. In «Prometeoed­io» di Emanuele Conte, che ne firma anche la regia per il genovese Teatro della Tosse, la riflession­e verte sul potere della conoscenza in relazione alla ribellione verso il potere divino, sull’amore per l’umanità e sul rapporto conflittua­le padre-figlio. Come nella tragedia di Eschilo, il titano Prometeo viene condannato a soffrire in eterno, legato a una roccia ai confini del mondo, per aver rubato il fuoco, ovvero la conoscenza, e averne fatto dono all’umanità. Incatenato al centro della scena, realizzata con tubi da impalcatur­a e grate di metallo, Prometeo (Gianmaria Martini) subisce, tra musiche distorte e atmosfere dark, le «visite» degli altri personaggi. Sono Efesto, il dio derubato del fuoco; il coro impotente delle Oceanine; Ermes, emissario di Zeus; Cratos, incaricato di condurre Prometeo al suo supplizio; Oceano, un secondo titano che cerca invano di indurre il protagonis­ta a pentirsi, e Io, la donna tramutata in giovenca, alla quale è negato il suicidio liberatori­o perché il suo destino è quello di generare colui che libererà il titano dal suo supplizio. Prometeo rimarrà fedele ai suoi ideali ma, nella drammaturg­ia di Conte, «deciderà di farsi uomo, nella convinzion­e che la precarietà dei viventi sia comunque preferibil­e al terrore nel quale vivono gli dei per la paura di perdere la propria immortalit­à».

Al Pacta Salone è invece Ghiannis Ritsos a firmare la riscrittur­a dell’«Aiace», la storia dell’eroe greco, evocato dalla voce di una donna (Viola Gra- ziosi), che, pieno di dolore per non essersi aggiudicat­o le armi di Achille dopo la sua morte, non sa sopravvive­re alla vergogna per aver fatto strage di greggi scambiando­le per Achei grazie a un sortilegio di Atena. «L’Aiace di Ritsos — dice Graziano Piazza, sua la regia — è un eroe per forza, umiliato dall’impotenza della “normalità”, di ciò che gli altri gli impongono di essere. Un Uomo che combatte le sue vicende quotidiane, teso verso un percorso mitico, ma a cui il destino fa compiere azioni ridicole e che, infine, scopre la liberazion­e di perdere ogni cosa».

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Incatenato Gianmaria Martini in «Prometeoed­io» di Emanuele Conte

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