Corriere della Sera (Milano)

Da Tucson ad Amsterdam inseguendo un vecchio standard

La tentazione di Howe Gelb per le ballate dopo il country dei Giant Sand

- Raffaella Oliva

«Volevo realizzare un disco di canzoni al pianoforte che suonassero come dei vecchi standard, ma senza tempo, quindi perfette da ascoltare anche negli anni a venire: dei nuovi classici, in sostanza». Howe Gelb spiega così «Future Standards», disco uscito alla fine del 2016 che presenterà stasera alla Salumeria della Musica. Un album di ballate quasi sussurrate, lontano dall’altcountry dei Giant Sand, la band guidata da Gelb per oltre 30 anni fino alla primavera scorsa. In tutto 12 brani, colonna sonora ideale di uno di quei bar fumosi che si trovano lungo le strade dell’Arizona, terra che Gelb, musicista con base a Tucson, conosce bene.

«Non saprei dire da dove mi siano usciti questi pezzi», afferma il songwriter, classe 1956. «Il primo che ho scritto è stato “A Book You’ve Read Before”, l’ho inciso ad Amsterdam con JB Meijers, ottimo produttore e amico: è stato allora che ho capito che poteva essere l’inizio di un nuovo capitolo per me». Qui impegnato alla voce e al pianoforte, Gelb ha registrato i suoi «Future Standards» con il batterista Andrew Collberg e il bassista Thoger Lund, oltre che con la folk singer Lonna Kelley. Il tutto tra Amsterdam, New York e la sua Tucson. «“Mad Man At Home”, l’ultima traccia, l’ho suonata direttamen­te a casa mia con un pianoforte che un tempo appartenev­a a una delle mie sorellastr­e», racconta. «Suo marito me l’ha donato dopo che lei è morta, anni fa, e per non lasciarlo lì abbandonat­o l’ho messo in un punto della casa dove sono quasi costretto a suonarlo ogni giorno, dato che devo passarci accanto per andare in camera da letto. In pratica mi sono ingannato da solo, qualche volta devo farlo, sono pigro». Ride; poi, parlando della fine dei Giant Sand annunciata un anno fa, dice di sentirsi ancora, nonostante tutto, un indie rocker: «Di certo non un crooner, ma se è per questo nemmeno Frank Sinatra si sentiva tale. Lui, però, era un cantante, io sono più un narratore». E confida: «Mi sono avvicinato al jazz da ragazzino, avevo 15 o 16 anni quando ho scoperto McCoy Tyner e Thelonious Monk. Ciò che mi piace di questo genere è che ha a che fare con l’improvvisa­zione e per come la vedo io la musica dovrebbe essere sempre così: viva, in perenne trasformaz­ione. A parte questo sono affascinat­o dal ritmo dello swing, mi trasmette gioia. E adoro Julie London: la sua interpreta­zione di “Cry Me A River” è fenomenale».

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Cantautore Howe Gelb, americano, classe 1956, stasera è alla Salumeria

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