Le «Tenebre» di Couperin nella magia del Canto di Orfeo al monastero di San Maurizio
Nella chiesa di San Maurizio l’ensemble Il canto di Orfeo interpreta Couperin
Ieri Gianluca Capuano era a Firenze per provare l’ «Idomeneo» che dirigerà al Maggio Musicale: «Un Mozart diverso da quello, magnifico, cui li aveva abituati Mehta: tempi più rapidi, suono più snello, articolazione più pronunciata delle frasi»; il tipico piglio da barocchista che suona secondo le prassi esecutive dell’epoca: «Mi han chiamato per questo, volevano un Mozart così, gli orchestrali erano curiosi e disponibili. È un approccio che ha avuto una rapida crescita e continua ad aumentare costantemente il suo pubblico». Anche per questo con Il canto d’Orfeo, l’ensemble vocale e strumentale che ha fondato nel 2005 nella sua Milano, Capuano organizza in San Maurizio dei Vespri dedicati al repertorio antico, soprattutto quello desueto. Oggi (ore 18.30, c.so Magenta 13, € 15, 02.88.44.52.08) è la volta delle «Leçons de ténèbres» di Couperin: «Pagine di incredibile profondità, dove a differenza della generazione di Lully si vede come in Francia ci si inizi a staccare in misura netta dallo stile italiano, soprattutto quello vocale», spiega il 49enne cembalista-direttore: «C’è un’ornamentazione più naturale e libera, la struttura armonica è decisamente complessa, non aliena da cromatismi: per questo l’impressione che dà all’ascoltatore di oggi è quella di una maggior distanza rispetto ad esempio al Bach delle Passioni».
Distanza non vuol dire distacco: «Tutt’altro, è una musica espressiva e comunicativa; Couperin segue il testo in modo pedissequo, cerca di tradurre in note ogni verso delle “Lamentazioni” del profeta Geremia; l’effetto è potente, dalla musica si sprigiona una suggestiva dimensione teatrale». Couperin compose le «Leçons de ténèbres» per la Settimana Santa del 1714; ci sono giunte solo quelle del mercoledì, mentre quelle del giovedì e del venerdì sono andate perdute. «Noi le estrapoliamo dal contesto liturgico per il quale erano state concepite; saremo tra gli affreschi di Luini, ma dobbiamo immaginarci l’abbazia di Longchamp illuminata solo dalle candele, che via via si spengono immergendo i fedeli nelle tenebre».