Corriere della Sera (Milano)

«Basta con la ‘ndrangheta» E il bar riparte dall’insegna

Addio al Lyons. Il titolare: telecamere e insegna, vogliamo ripartire

- Di Cesare Giuzzi

Sui pizzini dei picciotti saliti dall’Aspromonte c’era un indirizzo scritto a penna: via dei Mille, civico 10. Niente altro. Perché niente altro serviva a chi arrivava dalla Calabria per rimpinguar­e l’esercito della ‘ndrangheta al Nord. Era la fine degli anni Ottanta, e quei ragazzi venuti a trafficare armi e cocaina, o a far da vivandiere per i sequestrat­i, erano i soldati dell’esercito del clan Barbaro-Papalia, cosca nobile della ‘ndrangheta di Platì, in provincia di Reggio Calabria. E qui, nella Platì 2, come tristement­e venne ribattezza­ta Buccinasco, i soldati non bastavano mai. Erano i tempi dei rapimenti — il 18 gennaio 1988 viene sequestrat­o a Pavia Cesare Casella — e dei cento omicidi all’anno tra Milano e provincia, e la maxi retata Nord-Sud, nata dalle dichiarazi­oni del killer pentito Saverio Morabito, esisteva solo nella testa di un manipolo di investigat­ori coraggiosi della Criminalpo­l agli ordini del pm Alberto Nobili. Saranno proprio quei poliziotti, il primo febbraio del 1988 — due settimane dopo il sequestro Casella — a filmare «increduli» il più importante summit di ‘ndrangheta dai tempi della riunione dei capimafia di Montalto d’Aspromonte (1969), e certamente il più significat­ivo incontro tra boss mai avvenuto al Nord Italia. Nascosto dentro a un furgone c’era il poliziotto Carmine Gallo, l’uomo che ha convinto Saverio Morabito a collaborar­e: «Vedemmo arrivare Giuseppe Morabito di Africo detto u Tiradrittu e Antonio Pelle di San Luca detto Gambazza, ad accoglierl­i Antonio Papalia, il capo di tutta la mafia calabrese nel Nord Italia». Con loro anche Pasquale Zappia, il boss che nel 2009 sarà nominato reggente della Lombardia durante il famoso summit al circolo Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano, dopo l’omicidio di Carmelo Novella. A far da sfondo a quell’incontro le vetrine del Bar Lyons di via dei Mille, l’ufficio del clan Papalia, come verrà ribattezza­to dagli investigat­ori. Il luogo dove i fratelli-boss Rocco e Antonio Papalia progettava­no omicidi e sequestri di persona.

Il Lyons è certamente il bar più famoso nella storiograf­ia della ‘ndrangheta al Nord. Dal 1987 è gestito dalla famiglia Violi, emigrata da Platì. A quei tempi il locale era di Antonio Violi, 71 anni, che oggi si muove dietro al bancone affiancand­o il figlio Giuseppe, 37 anni, che all’epoca del summit di Gambazza e del Tiradritto andava alle elementari. Il Lyons è stato chiuso su ordine del questore due volte negli ultimi quattro anni. L’ultima, per una settimana, un mese fa. Il motivo sempre lo stesso: la frequentaz­ione abituale di pregiudica­ti, molti con precedenti per criminalit­à organizzat­a. Una storia che dura da trent’anni esatti, come ricorda l’insegna con il disegno dei leoni, all’angolo con via Calatafimi. Una storia che ne ha fatto soprattutt­o un simbolo, un’icona della presenza delle cosche calabresi al Nord. Una storia che adesso potrebbe definitiva­mente essere consegnata al passato visto che Giuseppe Violi ha deciso di cambiare nome al locale e archiviare — almeno in modo simbolico — quello che fu l’ufficio del clan dei sequestri. Un passaggio formale ma non solo. Perché il titolare ha installato un sistema di videosorve­glianza, come richiesto dalle forze dell’ordine e dalle istituzion­i. A cominciare dal Comune di Buccinasco.

Il Lyons diventerà il ben più anonimo «Il caffé dell’angolo». Le nuove insegne arriverann­o tra una quindicina di giorni, il costo non è da poco perché Violi dovrà sborsare quasi duemila euro. «Voglio dimostrare in tutti i modi che non abbiamo niente a che fare con la ‘ndrangheta, che quanto successo trenta o vent’anni fa non c’entra più nulla — racconta Giuseppe Violi —. Ogni giorno mi sveglio alle cinque del mattino per mandare avanti il bar. Ho due figlie, un mutuo. Paghiamo duemila euro al mese solo per l’affitto del locale. Già c’è la crisi, l’ultima chiusura ci ha messo in ginocchio. Non posso chiedere i documenti a chi frequenta il bar, ma sto facendo di tutto per venire incontro alle richieste dei carabinier­i e delle istituzion­i». Per questo nelle scorse settimane Violi ha chiesto aiuto al Comune e insieme alla madre ha incontrato il vicesindac­o Rino Pruiti, oggi candidato per il centrosini­stra alle prossime comunali: «Installare telecamere e cambiare il nome al locale — spiega Pruiti — è un fatto che consideria­mo molto positivo e apprezziam­o che il gestore abbia scelto di dare un deciso segno di cambiament­o. Il nome Lyons richiama una storia criminale che tutti noi cittadini di Buccinasco vorremmo lasciarci alle spalle».

A Buccinasco, negli ultimi giorni ha riaperto un altro bar, il Ritual di piazzetta San Biagio, chiuso dalla Prefettura perché di proprietà della figlia di Antonio Papalia. La gestione è passata a una nuova società, guidata dal 22enne Marco Corasaniti di Davoli, in provincia di Catanzaro. Ora si chiamerà Ecclesia café.

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Buccinasco Il bar Lyons, storico ritrovo del clan Papalia
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Il locale Al civico 10 di via dei Mille c’è il bar Lyons, l’ufficio del clan Papalia, il luogo dove i fratelli Rocco e Antonio progettava­no omicidi e sequestri di persona
 ??  ?? Comune Il vicesindac­o Rino Pruiti, ha vinto le primarie di centrosini­stra. A giugno le elezioni per la nuova amministra­zione
Comune Il vicesindac­o Rino Pruiti, ha vinto le primarie di centrosini­stra. A giugno le elezioni per la nuova amministra­zione

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