L’invasione del Photofestival con oltre 150 mostre Da Forma i paesaggi di Scianna
Lo sguardo amoroso di Scianna dalla Sicilia arcaica all’India «Ogni fotografia è un incontro»
Sulla copertina del libro che accompagna la mostra che si inaugura oggi a Forma Meravigli nell’ambito di Photofestival Ferdinando Scianna scrive: «Ho sempre pensato che io faccio fotografie perché il mondo è lì, non che il mondo è lì perché io ne faccia fotografie. Anche questi luoghi non mi sembra di averli cercati, li ho incontrati vivendo, e poi ho scelto alcune delle tante fotografie che in questi incontri mi sono state regalate per comporne un libro nel quale riconoscermi». Il titolo del libro e della mostra è «Istanti di luoghi» e nonostante ciò o proprio per questo nella prefazione aggiunge «Non mi considero un fotografo paesaggista». Nel corso della sua straordinaria carriera Ferdinando Scianna, infatti, ha evitato le etichette e i generi e ha realizzato e ci ha regalato immagini di eventi e di moda, storie di persone e di Paesi, ci ha accompagnato in viaggi lontani e in passeggiate vicine a casa, ma anche, come è accaduto nelle sue ultime pubblicazioni, ha intrecciato in modo magistrale la scrittura e la fotografia (la riedizione di tutti i suoi testi pubblicati in diversi periodici, «Obiettivo ambiguo», ma anche «Ti mangio con gli occhi» e «Visti&scritti», editi da Contrasto). Nella sua ultima fatica lascia che le immagini parlino da sole, una sintetica didascalia per ricordare soltanto luogo e anno. «Spero che le parole siano poi nella testa di chi guarda», dichiara.
Il viaggio che ci propone è certamente sorprendente: è un viaggio nei luoghi e nel tempo ma anche nelle forme e nei linguaggi che la storia recente della fotografia ci ha insegnato a conoscere. C’è la sua Sicilia degli anni Sessanta, il ricordo di Mario Giacomelli nelle Marche degli anni Novanta, la citazione trasversale di Robert Frank a Cabo de Gata sempre negli anni Novanta, poi Parigi letta con rigore documentario, vedute sognanti sul lago di Como, e ancora Yemen, Bolivia, Friuli, Egitto, Los Angeles, Nuova Delhi, incontri con i luoghi più diversi che nella sequenza che la mostra e il libro propongono creano un unico possibile e caleidoscopico luogo. Il luogo della visione che si esercita senza limiti, a volte con stupore, a volte con ironia e persino con autoironia, spesso con profonda consapevolezza. Con questi sorprendenti esercizi di stile Scianna ha voluto offrirci un approfondimento di conoscenza del suo lavoro, dei meccanismi che trasformano il vedere in immagine, quando non c’è l’imperativo all’informazione, quando il realizzare un’immagine risponde solo al desiderio di farlo. «Questo libro ha una storia lunga — aggiunge Scianna —. Ho cominciato a pensarci dodici anni fa, mente lavoravo a “Quelli di Bagheria”, libro autobiografico che raccoglie immagini che ho fatto prima ancora di decidere di fare il fotografo, nel paese dove sono nato e cresciuto. Anche gli incontri con i paesaggi sono un pezzo di autobiografia. E poi non credo nei generi fotografici. Se fai un libro di ritratti in realtà fai un libro di incontri. Se fai un libro di paesaggi fai un libro di incontri».