Corriere della Sera (Milano)

IL FUTURO CHE IERI NON C’ERA E UN BILIARDO PER RICORDARE

- Pietro Bertolazzi gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, ho ritrovato una poesia di Primo Levi che cominciava così: «Mille più mille: un traguardo/ Un filo di lana bianco, non più così lontano/ saperlo è infausto. Non è dato tentare/ d’interrogar­e i numeri di Babilonia...». Ho ripensato al Duemila e a quante volte abbiamo immaginato il nostro futuro, i cambiament­i e le speranze riposte in una data. Con Milano che sta ricomincia­ndo a volare, come ha scritto lei più di una volta, possiamo mettere una data al futuro che ci attende o dobbiamo rassegnarc­i ad aspettare il Tremila?

Caro Bertolazzi, Primo Levi non si discute, ma un collega che stimo e al quale il Corriere deve molto, Luca Goldoni, ha cominciato un articolo con una provocazio­ne sul tema: «C’era una volta il futuro, si chiamava Duemila...». Non so lei, ma io ritrovo in quelle poche parole lo spirito di un secolo, il Novecento, passato ad aspettare il fatidico gong. Poi il Duemila è arrivato, ma non è cambiato molto, a parte l’euro, la bolla dei mutui americani, la crisi bancaria, l’Islam, le stagioni che non sono più come una volta, le mail, gli sms, WhatsApp, Instagram, eccetera. Lei dirà Internet, una rivoluzion­e c’è stata perbacco, ci mancherebb­e, ma proprio mentre stiamo cavalcando questa rivoluzion­e non abbiamo le speranze, le emozioni, le passioni che ruotavano attorno alla stella polare di un anno fissato come spartiacqu­e tra il vecchio e il nuovo, in cui tutto doveva cambiare, robotizzar­si, semplifica­rsi, migliorars­i per farci vivere meglio, perfino farci passeggiar­e sulla luna o andare in vacanza invece che a Riccione dentro un’astronave nello spazio. Parliamoci chiaro: il Duemila, come luogo simbolico del futuro, non è mai arrivato, è stato soltanto un anno più vecchio degli altri. Oggi viviamo un lungo presente (e questo potrebbe non essere un male) ma di futuro abbiamo bisogno per avere un traguardo, un itinerario, una visione sulla quale appoggiare un desiderio. Milano oggi è il posto giusto per leggere questo futuro, che si potrebbe intitolare così: il futuro che ieri non c’era, in termini di lavoro, automazion­e, sanità, scuola, ambiente, sicurezza, libertà.

Non mettiamo date però, potrebbero rivelarsi illusorie come il Duemila. Io spero solo che nell’idea di futuro che a Milano si sta formando, insieme alle novità, resti qualcosa del passato. Il mio amico Massimo Fini chiede i bar con il biliardo. È una piccola cosa, ma non gli do torto.

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