Il giudizio determinante del convitato di pietra
«Aseguito del giudizio di inopportunità espresso negli ultimi giorni sul candidato Corrado Colli da parte dell’autorità competente»: c’è un pudicamente innominato — ed è il Tribunale — nella nota ufficiale ieri del presidente di Fondazione Fiera Milano. Quel convitato di pietra, tramite il commissario Piero Capitini, siede in Fiera spa da quando il 6 luglio 2016 appunto la Sezione misure di prevenzione del Tribunale aveva accolto la richiesta dei pm Boccassini e Storari di sottoporre ad amministrazione giudiziaria la Nolostand spa, cioè la società (controllata da Fiera Milano spa) con la quale un consorzio in odore di mafia aveva potuto fatturare 18 milioni in 3 anni. L’11 ottobre 2016 il Tribunale ha commissariato anche Fiera Milano spa, prima solo nei rapporti con Nolostand e poi il 27 gennaio 2017 con una più gravosa modalità anche in tutti i settori di intervento della società. Misura che il 28 marzo i giudici Roia-TallaridaPontani hanno prorogato di altri 6 mesi a motivo delle «ancora diffuse criticità» ravvisate negli «avviati processi di legalizzazione aziendale». E in considerazione appunto del rilievo pubblicistico del commissariamento della Fiera spa, i giudici avevano anche anticipato l’intenzione di sottoporne a «verifica reputazionale» i futuri amministratori. Da qui l’ulteriore provvedimento intermedio con il quale una settimana fa il Tribunale ha rappresentato l’«inopportunità» (nitidamente esplicitata già dal parere dei pm) che fra tutti i manager possibili la Fondazione avesse scelto (all’interno di una rosa selezionata da una società di cacciatori di teste dettasi ignara) proprio uno che nel processo varesino per concorso nella bancarotta di Opengate spa, accanto all’assoluzione per due imputazioni, era uscito da una terza per prescrizione.