Corriere della Sera (Milano)

Ifigenia e l’ossessione del capro espiatorio

Carmelo Rifici mescola Euripide, Sofocle e René Girard nella rilettura del classico greco

- di Maurizio Porro a pagina 19

In un geniale spettacolo in divenire che vediamo come in una prova, nel suo pirandelli­ano farsi, a cavalcioni tra reale e immaginari­o, ragionato e improvvisa­to, Carmelo Rifici offre «Ifigenia, liberata», non in Aulide né in Tauride, con la drammaturg­ia di Angela Demattè. Sia lei sia il regista sono in scena (interpreta­ti da Mariangela Granelli e Tindaro Granata, bravissimi) in un corpo a corpo tra Vita e Mito chiamando in causa non solo il legittimo autore Euripide, ma anche Eraclito, Omero, Sofocle, l’Antico e Nuovo Testamento fino a René Girard con la sua attualissi­ma teoria del capro espiatorio.

«Partirei da qui — dice Rifici — dall’ossessione di trovare oggi il capro espiatorio, classica esigenza della società in crisi come la nostra che vive momenti destinati ad essere mitici, come l’esodo di massa: la storia colleziona vittime e violenza, incastra due parole non a caso, Folla e Follia». Ogni fede ed estasi, tutte unite appassiona­tamente per raccontare gli Atridi super star: «Interpreta­ndoli, riscrivend­oli, ragionando­ci, come faccio con Ifigenia e Latella fa con Santa Estasi, poi Donnellan, Mino Rau. È un lavoro che a nostra insaputa sta facendo l’Europa, mai stata così piena di tragedie. È proprio lo sguardo dei registi sul mondo che obbliga a destruttur­are la materia classica per la violenza di una realtà che mette in crisi, smancazion­e. tella l’universo letterario teatrale, imponendo la misteriosa complessit­à del reale che non si fa catturare né irretire».

Si tratta di ancorare la drammaturg­ia passata al presente storico «ma senza fare lo sbaglio di semplifica­rla come si fa con gli strumenti della comunihann­o Urge uno sguardo scarno ed utile, come quello di Girard: letteratur­a e attualità si corrispond­ono, togliendo al mito il tono poetico con cui l’aveva rivestito il palcosceni­co». Per la produzione del Piccolo con Lugano in scena, che ha debuttato al Lac, regista e drammaturg­a pescato nella tradizione greca ma anche giudaica che offre una visione non legata solo al politico, ma al singolo. Il mondo ha bisogno di organizzar­e la propria parte violenta, ma la Bibbia non edulcora le nostre pulsioni nascondend­ole sotto la coltre ideologica. «Con Ifigenia vittima designata, noi cerchiamo di riprenderc­i uno sguardo reale senza aver la pretesa di dare risposte ma solo per il piacere di cercarle». Rifici e i suoi 11 attori cercano di mentire o fingere il meno possibile, alcune parti sono un poco improvvisa­te: sono le magagne della ricerca, ogni sera lo spettacolo può e deve essere ripensato, ci sono maglie abbastanza larghe nella struttura. Questa complessa ricerca Rifici la sta facendo dal Gabbiano di Cecov e la continuerà con la riduzione di «Uomini e no» di Vittorini, al Piccolo in autunno: «È sempre la stessa indagine, ci chiediamo cosa è un uomo: non attraversi­amo il testo ma lo smontiamo e rimontiamo, usandolo come un filtro e strumento in balìa del tempo».

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 ??  ?? Destini Da sinistra, Giorgia Senesi, Anahì Traversi e Giovanni Crippa in «Ifigenia, liberata»
Destini Da sinistra, Giorgia Senesi, Anahì Traversi e Giovanni Crippa in «Ifigenia, liberata»

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