Mancano i fondi E il parco chiude
Nel sito archeologico di Grosio mancano i fondi per la gestione Lite tra i gestori della struttura: cancelli sbarrati e turisti respinti
In questi giorni di festa il Parco delle incisioni rupestri di Grosio in Valtellina è chiuso. Mancano i fondi per la gestione della struttura. Il presidente del Parco accusa: «Mera cecità burocratica».
«Chiusi in attesa dell’accordo tra gli Enti consorziali». Un cartello sul cancello sbarrato accoglie i turisti che in questi giorni raggiungono il Parco delle incisioni rupestri di Grosio, in Valtellina, per visitare la roccia incisa più grande delle Alpi: un masso erratico con oltre 5 mila graffiti, per lo più scene legate all’agricoltura, databili fra il Neolitico e l’età del Ferro. Un patrimonio archeologico che ora rischia di non essere più accessibile per un problema di fondi e di mancata condivisione sul futuro da parte del consorzio di enti locali che fino ad ora ha gestito la struttura. L’incontro in prefettura tra la Comunità montana di Tirano, i comuni di Grosio e Grosotto e la Provincia, non ha dato gli esiti sperati e così, in attesa di un dialogo costruttivo, il sito archeologico resta inaccessibile. Nonostante gli sforzi del presidente del parco Alessandro Deriu, che negli ultimi due mesi, compresi i giorni di Pasqua e Pasquetta, è riuscito ad accogliere i visitatori solo grazie al suo lavoro come volontario. Ha tagliato l’erba e fatto da guida. «Senza coperture assicurative era impossibile proseguire l’attività — spiega Deriu —. Io posso lavorare gratis, ma non assumermi la responsabilità di eventuali incidenti. Se un turista dovesse inciampare, chi risponderebbe? Sono disperato e sconfitto. Uno dei luoghi più suggestivi delle Alpi non è più accessibile per i soliti problemi burocratici. Per una incapacità di dialogo tra enti. Per una questione di mera cecità».
Il problema sembra essere legato a questioni economiche, con risorse sempre meno consistenti a disposizione del parco, che comprende anche l’imponente Castello Nuovo e quello millenario di San Faustino, entrambi di epoca medievale. Il comune di Grosotto, alla guida del consorzio, sembra deciso ad abbandonare la carica e nell’approvazione del bilancio non ha stanziato la propria parte, 16 mila euro, per tenere in vita il sito archeologico. «L’ente è scaduto nel 2015 — precisa il primo cittadino del paese valtellinese Guido Patelli —. Noi non ci stiamo tirando indietro. Semplicemente è necessario studiare insieme le modalità per la nuova gestione. L’ipotesi più plausibile è quella di una convenzione tra enti che veda come capofila l’amministrazione di Grosio. A quel punto stanzieremmo subito i fondi necessari e potremmo procedere all’assegnazione dei due appalti per la manutenzione ordinaria e l’assunzione del personale necessario all’apertura dell’area».
Secondo il sindaco di Grosio la questione non è così semplice: «Se dovessimo dichiarare scaduto il consorzio dovremmo procedere alla nomina di un liquidatore per la divisione dei beni», spiega Antonio Pruneri. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere quella di affidare la gestione al consorzio turistico del terziario superiore, che ha già dato la propria disponibilità. «Domani nel corso della seduta di giunta — spiega il presidente della Comunità montana di Tirano Gian Antonio Pini — proporremo di destinare i nostri fondi e quelli della Provincia direttamente all’ufficio turistico: 32 mila euro che consentirebbero di riaprire il parco temporaneamente, in attesa di una soluzione definitiva. Il sindaco di Grosotto però deve convocare quanto prima l’assemblea». Insomma la soluzione potrebbe essere vicina, ma intanto il tempo passa, le vacanze estive si avvicinano e ai turisti di fronte ai cancelli sbarrati non resta che tornare sui propri passi. Il Parco delle incisioni rupestri di Grosio è stato istituito nel 1978 per salvaguardare e valorizzare il ricco patrimonio archeologico, storico-architettonico del «Dosso dei Castelli», grazie alla donazione dei terreni e dei resti medievali da parte della marchesa Pallavicini Visconti Venosta. Il gioiello più prezioso, la Rupe Magna, è stata scoperta nel 1966. Tra le incisioni rupestri, la rappresentazione più antica di una capra. Con amara ironia il presidente Delriu ha scritto una lettera a Vittorio Sgarbi. «Non facciamo noi le capre. Troviamo una soluzione e riapriamo il parco».