Giuseppe, parà per sempre «Un volo di 4 mila metri per festeggiare i 96 anni»
Un parà è per sempre, si è detto Giuseppe, 96 anni a Pasqua, amico di Gianni Brera. E così, ieri, per festeggiare si è lanciato da 4 mila metri. Parà della Folgore scampato ad El Alamein e prigioniero in Africa, ha mille storie da raccontare.
«Avrei voluto aspettare i 100 anni, ma dopo l’operazione all’anca ho qualche problema alle gambe. Meglio non rischiare». E così Giuseppe Degrada, sottotenente della gloriosa Divisione Folgore, ha pensato di festeggiare i 96 anni, compiuti il sabato di Pasqua, tornando alle origini e regalandosi, nel giorno della Liberazione, un lancio con il paracadute. Nato a Spessa (Pavia), Degrada, per tutti semplicemente Pino, terminata la scuola dell’obbligo, lavorò come mungitore. Raggiunta la maggiore età, si arruolò per entrare, senza il consenso dei genitori, tra i paracadutisti e conseguì a Tarquinia, agli inizi della Seconda Guerra mondiale, il brevetto. Le selezioni erano durissime. «Un giorno soffiava un vento così forte che il nostro capitano voleva sospendere le esercitazioni — ricorda l’arzillo reduce —. Ma, infuriato, il comandante ci puntò la pistola contro. “Siete dei vigliacchi”, urlò prima di obbligarci a salire sull’aereo. Durante le esercitazioni morirono 19 dei 23 ufficiali perché il paracadute non si aprì. Ho visto Mussolini e Hitler, venuti in visita alla nostra caserma». Uno dei suoi commilitoni sarebbe diventato famoso, Gianni Brera. «Era di san Zenone al Po, vicino al mio paese, ci conoscevamo sin da ragazzini. Mi consigliò di fargli da attendente per poter restare in ufficio e non andare al fronte. «Non ci penso proprio a sedermi dietro una scrivania, sono deciso a fare la mia parte, gli risposi».
Da Tarquinia a Tobruk e da lì ad El Alamein: partirono in 5.000, tornarono in 270. Tra loro anche Degrada, dopo essere stato catturato, il 6 novembre 1942, nel deserto dagli inglesi e aver trascorso quattro anni nei campi di prigionia in Egitto e Palestina.
Rientrato in Italia, sposò Olga, che ora ha 91 anni, si trasferì a Milano, dove la moglie faceva la portinaia. Dopo una breve parentesi nella polizia («Ma lo stipendio non bastava per mantenere tutta la famiglia»), venne assunto in un caseificio. Brera lo incontrò e gli fece un’altra proposta, stavolta accolta: «Un posto in una copisteria».
Entrato come fattorino, l’amico del grande giornalista dimostrò le sue qualità diventando in breve tempo un bravo incisore. Una volta in pensione andò a vivere prima a Magenta, quindi a Casalmaggiore (Cremona), il paese d’origine della moglie, e di nuovo, anche con il figlio Claudio, nell’Oltrepo, a Canevino, dove dà una mano allo stuolo di nipoti che gestiscono un avviato agriturismo.
«Qualche mese fa, una di loro,