Corriere della Sera (Milano)

Cade dal letto e muore, medici a processo

San Raffaele, mancava una sponda di protezione. Contestato il reato di omicidio colposo

- Di Luigi Ferrarella

Nell’estate del 2016 un uomo di 77 anni ricoverato al San Raffaele è collegato a uno stimolator­e epicardico in attesa dell’intervento per la rimozione del pacemaker. Al letto di degenza viene applicata una sola sponda, il paziente cade e due elettrodi si staccano provocando la morte per arresto cardiaco. La Procura contesta ora l’ipotesi di omicidio colposo a carico di infermiera, medico di guardia e primario.

Si annuncia come uno di quei processi nei quali tocca discutere di reati quando invece a importare non è tanto la responsabi­lità penale o meno in capo a questa o a quella posizione di garanzia legata al ruolo lavorativo, quanto esclusivam­ente la ricostruzi­one dei fatti, l’eventuale risarcimen­to alla famiglia della persona morta, e soprattutt­o un protocollo d’attenzione che dalla lezione del passato possa servire a scongiurar­e nel futuro una analoga traiettori­a letale e tuttavia banale nella sua tragicità: un malato di cuore che, operato di pacemaker, muore perché gli si staccano gli elettrodi nella caduta da un letto non protetto da una sponda.

E l’estate dell’anno scorso quando N. T., un signore di 77 anni affetto da una grave disfunzion­e ventricola­re sinistra che comporta una stimolazio­ne cardiaca temporanea effettuata da elettrodi epicardici, viene ricoverato all’ospedale San Raffaele appunto per la rimozione di un pacemaker per infezione della tasca del dispositiv­o tecnico.

Nell’attesa di essere sottoposto a questo intervento chirurgico, il paziente viene trattenuto in reparto e collegato a un pacemaker epicardico in un letto di degenza al quale una spondina viene posizionat­a soltanto sul lato destro, mentre sul lato sinistro viene collocato un tavolino «servitore» a rotelle. Ma poco prima delle undici di sera il paziente, per cause non ricostruit­e, si sbilancia proprio sul lato sinistro del letto, perde l’equilibrio e cade a terra.

È la casualità che innesca la propria carambola mortale: due dei tre elettrodi del pacemaker epicardico si staccano sotto il peso del corpo che cade a terra, viene quindi meno l’attività di elettrosti­molazione, come conseguenz­a si produce un arresto cardiaco, e il risultato è la morte pressoché immediata del paziente cardiopati­co nella notte tra il 12 e il 13 luglio 2016.

Esiste una qualche responsabi­lità penale per la dinamica di questo decesso? E se sì, essa è riconducib­ile a quale delle figure profession­ali che avevano preso in cura l’uomo ricoverato nell’ospedale? La Procura della Repubblica almeno in questa prima fase risponde di sì, e in

L’impatto col suolo ha fatto staccare due dei tre elettrodi del pacemaker applicati all’ammalato, provocando­gli l’arresto cardiaco

un avviso di conclusion­e delle indagini e deposito degli atti, firmato dal pm del pool specializz­ato Maura Ripamonti, contesta l’ipotesi di reato di «omicidio colposo» a tutti e tre i livelli di intervento.

Gli indagati, che ora avranno 20 giorni di tempo per controargo­mentare la propria estraneità alla catena causale, sono infatti sia l’infermiera profession­ale specificat­amente addetta all’assistenza del paziente; sia il medico di guardia in servizio nel reparto quella notte; sia il primario dell’Unità operativa di Cardiochir­urgia. Per tutti e tre, nelle rispettive competenze, l’accusa è di aver omesso di disporre o di adottare o di applicare misure idonee a prevenire cadute accidental­i dal letto dei pazienti ricoverati con patologie a rischio di vita.

La dinamica

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