Cade dal letto e muore, medici a processo
San Raffaele, mancava una sponda di protezione. Contestato il reato di omicidio colposo
Nell’estate del 2016 un uomo di 77 anni ricoverato al San Raffaele è collegato a uno stimolatore epicardico in attesa dell’intervento per la rimozione del pacemaker. Al letto di degenza viene applicata una sola sponda, il paziente cade e due elettrodi si staccano provocando la morte per arresto cardiaco. La Procura contesta ora l’ipotesi di omicidio colposo a carico di infermiera, medico di guardia e primario.
Si annuncia come uno di quei processi nei quali tocca discutere di reati quando invece a importare non è tanto la responsabilità penale o meno in capo a questa o a quella posizione di garanzia legata al ruolo lavorativo, quanto esclusivamente la ricostruzione dei fatti, l’eventuale risarcimento alla famiglia della persona morta, e soprattutto un protocollo d’attenzione che dalla lezione del passato possa servire a scongiurare nel futuro una analoga traiettoria letale e tuttavia banale nella sua tragicità: un malato di cuore che, operato di pacemaker, muore perché gli si staccano gli elettrodi nella caduta da un letto non protetto da una sponda.
E l’estate dell’anno scorso quando N. T., un signore di 77 anni affetto da una grave disfunzione ventricolare sinistra che comporta una stimolazione cardiaca temporanea effettuata da elettrodi epicardici, viene ricoverato all’ospedale San Raffaele appunto per la rimozione di un pacemaker per infezione della tasca del dispositivo tecnico.
Nell’attesa di essere sottoposto a questo intervento chirurgico, il paziente viene trattenuto in reparto e collegato a un pacemaker epicardico in un letto di degenza al quale una spondina viene posizionata soltanto sul lato destro, mentre sul lato sinistro viene collocato un tavolino «servitore» a rotelle. Ma poco prima delle undici di sera il paziente, per cause non ricostruite, si sbilancia proprio sul lato sinistro del letto, perde l’equilibrio e cade a terra.
È la casualità che innesca la propria carambola mortale: due dei tre elettrodi del pacemaker epicardico si staccano sotto il peso del corpo che cade a terra, viene quindi meno l’attività di elettrostimolazione, come conseguenza si produce un arresto cardiaco, e il risultato è la morte pressoché immediata del paziente cardiopatico nella notte tra il 12 e il 13 luglio 2016.
Esiste una qualche responsabilità penale per la dinamica di questo decesso? E se sì, essa è riconducibile a quale delle figure professionali che avevano preso in cura l’uomo ricoverato nell’ospedale? La Procura della Repubblica almeno in questa prima fase risponde di sì, e in
L’impatto col suolo ha fatto staccare due dei tre elettrodi del pacemaker applicati all’ammalato, provocandogli l’arresto cardiaco
un avviso di conclusione delle indagini e deposito degli atti, firmato dal pm del pool specializzato Maura Ripamonti, contesta l’ipotesi di reato di «omicidio colposo» a tutti e tre i livelli di intervento.
Gli indagati, che ora avranno 20 giorni di tempo per controargomentare la propria estraneità alla catena causale, sono infatti sia l’infermiera professionale specificatamente addetta all’assistenza del paziente; sia il medico di guardia in servizio nel reparto quella notte; sia il primario dell’Unità operativa di Cardiochirurgia. Per tutti e tre, nelle rispettive competenze, l’accusa è di aver omesso di disporre o di adottare o di applicare misure idonee a prevenire cadute accidentali dal letto dei pazienti ricoverati con patologie a rischio di vita.
La dinamica