Fausto, la Breda, il piombo «Ora vorrei riconciliarmi con chi mi sparò nel 1977»
LA STORIA GLI ANNI DI PIOMBO Fausto Silini gambizzato a Sesto: parlargli mi darebbe la pace
Fausto Silini, ex caporeparto della Breda di Sesto, fu gambizzato dai terroristi della colonna «Walter Alasia» il 9 giugno 1977. «Da quel giorno aspetto di incontrare chi mi sparò. Sarebbe un gesto che mi riconcilierebbe con la vita».
«Tam! Tam! ta! Ho sentito questo rumore secco e ho visto una faccia giovane davanti a me. Poi mi sono accorto che quel ragazzo nella mano stringeva una pistola. Era nera e lucida. A quel punto ho capito: “Cosa fai, cosa fai?” ho gridato. Solo allora ho sentito il dolore e mi sono accasciato davanti al cancello della ditta. Ed è arrivata, in ritardo, la paura». Racconta così, Fausto Silini, 94 anni, l’aggressione davanti alla Breda ad opera delle Brigate Rosse. «Sono arrivato a Sesto San Giovanni da Grumello, nella Bergamasca, che ero ragazzino — prosegue — con una scuola professionale interrotta alle spalle e mio padre che mi dava poche scelte, studiare o lavorare. Nel 1942 sono entrato alla Breda».
I colpi di pistola dei terroristi della colonna «Walter Alasia» hanno una data: «9 giugno 1977, ore 7, 30 del mattino, il solito giro con l’autobus per arrivare, in orario, in azienda. Non me l’aspettavo. Quella mattina ho preso il pullman con i miei colleghi, un giorno come gli altri». Erano gli «anni di piombo» e Sesto era la «Stalingrado d’Italia». «La mia storia, quella che mi ha portato ad avere il “privilegio” di sei colpi di rivoltella alle gambe, di cui tre a segno, nasce dalla mia carriera in azienda — ricorda Silini —. Alla Breda ho passato tanti reparti: dovunque andassi risolvevo situazioni che i dirigenti faticavano a gestire. Sono arrivato ai confini della dirigenza, ma non avevo un diploma e oltre non potevo andare. Il guaio — continua — è stata la riorganizzazione del magazzino prodotti: trenta operai, dopo il mio intervento, sono stati trasferiti e, in un certo senso, declassati. Lì, non servivano più: spostati a lavorare all’aperto, in ambienti scomodi. La responsabilità, per i sindacati, era mia, una colpa che si è tradotta in quella aggressione».
Di quella mattina nera, l’ex caporeparto porta i segni: un menisco che non c’è più e le cicatrici ben evidenti. «Ma — afferma oggi Fausto Silini — i terroristi hanno sbagliato. Non sono mai stato comunista ma ho sempre guardato anche a sinistra. La mia ideologia non è mai stata rigida, capivo i “rossi” e gli antagonisti. Tanti operai erano miei amici, molti di loro, malgrado quello che si diceva, andavano a messa e nessuno mangiava i bambini. Eravamo tutti colleghi e io stavo poco in ufficio. Lo dicevo anche ai miei superiori: per capire come va il lavoro bisogna lasciare la sedia e andare giù in reparto. Quel momento era comunque segnato, i brigatisti mettevano tutti nel mirino, senza scegliere. Il viso e il nome di chi mi ha sparato l’ho voluto dimenticare. Quando i carabinieri, al tempo, mi costrinsero a scendere in Via Filangeri (il carcere di San Vittore, ndr), nella gabbia, per il processo, ho guardato le loro facce senza neppure vederle. Tra i tanti c’era lui, io invece volevo solo dimenticare. Ho un dispiacere — dice —: quel ragazzo, mi hanno detto, si è poi pentito e si è rivolto alla Curia per denunciare un deposito di armi arrugginite nascoste in un tombino».
La storia ricorda di una confessione e una richiesta di perdono: la firma è di Ernesto Balducchi tra gli imputati del gesto (come esecutore materiale, ricordano invece le cronache dell’epoca, fu indicato Piergiorgio Palmero). La consegna delle armi, nel giugno 1984, avvenuta all’improvviso: dentro un borsone gettato sul tavolo del segretario del cardinal Martini. Poi l’intervento del prefetto e un coro di richiesta di perdono dai terroristi, che il cardinale ha successivamente ben accolto. «Ma il mio aggressore — ribadisce la vittima — non ha avuto il coraggio di venire da me. Un gesto che invece mi avrebbe riconciliato con la vita».
I ricordi Ho provato a dimenticare il viso del ragazzo che quella mattina premette il grilletto contro di me