«Fiera, così Dominus foraggiava la cosca»
Infiltrazioni mafiose in Nolostand
Giuseppe Nastasi, titolare di fatto del consorzio Dominus, società che ha lavorato con la controllata di Fiera Milano Nolostand fatturando in tre anni «oltre 20 milioni di euro» e «diventando nel giro di pochi mesi referente unico per vari Paesi partecipanti a Expo», «ha volontariamente agito con la finalità di agevolare la mafia». Lo ha scritto il gup Alessandra Del Corvo nelle motivazioni della sentenza con la quale ha condannato Nastasi a 8 anni e 10 mesi di carcere. Il flusso di denaro creato era destinato a «foraggiare», in Sicilia, la cosca mafiosa di Pietrapazia (Enna); contatti risultano anche con il clan legato al superlatitante Matteo Messina Denaro.
Era destinato a «foraggiare» in Sicilia la cosca mafiosa di Pietrapazia (Enna) il «flusso di denaro» creato grazie ai reati commessi nella gestione di Dominus, il consorzio da 20 milioni l’anno di fatturato, 18 dei quali realizzati con la sola Nolostand, la società controllata da Fiera Milano spa. Un legame «funzionale ad assicurare ai componenti della famiglia mafiosa le risorse economiche necessarie per il proprio sostentamento», scrive il gup Alessandra Del Corvo nelle motivazioni della sentenza con la quale il 3 febbraio ha condannato con il rito abbreviato nove persone tra cui Giuseppe Nastasi (otto anni e 10 mesi di reclusione), l’amministratore di fatto di Dominus accusato di associazione a delinquere finalizzata alle false fatturazioni, all’appropriazione indebita e al riciclaggio con l’aggravante di aver agevolato Cosa nostra.
Le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano guidata dal Procuratore aggiunto Ilda Boccassini hanno portato al sequestro in diverse operazioni di quasi 900 mila euro in contanti che altrimenti avrebbero raggiunto la Sicilia se, grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, non fossero stati individuati e sequestrati dalla Guardia di finanza, ad esempio, in una valigia che si trovava su un camion diretto all’isola che è stato fermato nel porto di Napoli prima che fosse imbarcato su un traghetto.
Soldi prodotti illegalmente al Nord da «soggetti dimoranti in Lombardia di origine siciliana» che, oltre a creare proventi per se stessi, accumulando fondi neri all’estero, ma dovevano girare alla famiglia mafiosa il denaro che serviva anche ad aiutare i «picciotti» finiti in carcere. Giuseppe Nastasi era in contatto diretto con la cosca dell’ennese, ma anche con la cosca degli Accardo di Partanna (Trapani), vicina al superlatitante Matteo Messina Denaro di Castelvetrano (Trapani) ed è imparentato con una clan della ‘ndrangheta calabrese attivo nel milanese. Il pm Paolo Storari nel processo ha fatto riferimento anche a possibili collegamenti tra Nastasi e Messina Denaro, ed il Gup scrive che il primo ha avrebbe ben potuto anche mettersi «a disposizione ed al servizio» del secondo.
Il giudice condivide l’impostazione di Storari secondo il quale Nastasi, sebbene non fosse inserito organicamente in Cosa nostra, ne agevolasse l’attività mafiosa attraverso una «redistribuzione dei proventi» delle attività imprenditoriali al Nord decisa con Liborio Pace, altro amministratore di fatto di Dominus (sarà processato con il rito ordinario in Tribunale). Le indagini hanno rivelato la «elevata pericolosità sociale» di Nastasi che è stato «ideatore e promotore di un sodalizio criminoso strutturato per operare in modo duraturo, programmato e continuato», un «meccanismo illecito e sofisticato» dalla «palesata capacità di infiltrazione nella realtà imprenditoriale lombarda», sottolinea il giudice Del Corvo.
I risultati dell’inchiesta hanno poi portato al commissariamento da parte della sezione misure di prevenzione del Tribunale di gran parte delle attività di Fiera spa e, prima ancora, della stessa Nolostand che allestisce gli spazi espositivi nelle varie manifestazioni organizzate da Fiera Milano, come ha fatto in Expo 2015 realizzando quelli del Palazzo Congressi, dell’Auditorium, dei padiglioni della Francia e del Qatar.
Queste vicende e l’eco che esse producono «si traducono in un evidente disincentivo agli investimenti, essendo fatto notorio che la presenza di infiltrazioni mafiose in seno al settore degli appalti compromette la libertà e l’autonomia imprenditoriale e vanifica i criteri della libera concorrenza», annota il Giudice per l’udienza preliminare.
Gli affari Il consorzio collegato alla mafia ha fatturato in tre anni oltre 20 milioni di euro
Nastasi era in contatto con la cosca di Pietrapazia, (Enna) e con quella di Partanna (Trapani)