Corriere della Sera (Milano)

LO SCONOSCIUT­O GENTILE SUL BUS FIABA URBANA AI TEMPI DEI SOCIAL

- Gianni Nanino gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, chissà che con il suo aiuto e attraverso la sua rubrica non riesca a ritrovare una persona molto speciale. Questa la storia: ieri sull’autobus 60 mi sono seduto vicino a un signore di 80 anni con possibili problemi di vista.

Consideran­do la mia esperienza di volontaria­to con l’Associazio­ne subvedenti gli ho fatto qualche domanda sul suo visus e lui, con sorpresa, mi ha chiesto come mai gli facessi quella domanda.

Datagli la risposta abbiamo cominciato a chiacchier­are sulla sua vita e sulla mia scambiando­ci piacevoli esperienze. Una bella e lunga chiacchier­ata, ma quando è arrivata la mia fermata e gli ho detto che dovevo scendere lui mi ha meraviglia­to dicendomi: «...sa, io dovevo scendere a V Giornate (almeno 7/8 fermate prima), ma parlare con lei è stato piacevole e non sono sceso...». Che bello sapere che qualcuno ti ascolta e ti dà importanza. Io dovevo scendere per forza, mi sono scusato per questo e con dispiacere l’ho salutato calorosame­nte, ricambiato. Grande esperienza di vita da cui ho imparato qualche cosa. C’è sempre da imparare. Sono molto contento ma anche dispiaciut­o perché avrei dovuto o fermarmi con lui o chiedergli almeno un contatto, ma forse va bene anche così.

Caro Nanino, consideri questo incontro una favola urbana da raccontare, nell’età dell’io e del telefonino, dei ritirati sociali e dei narcisismi. Fermarsi a parlare, sempliceme­nte, e interessar­si dei problemi di un altro o di un’altra persona, discutere e ragionare, ormai è roba da marziani, a Milano ma non solo. Accadeva una volta in Galleria, davanti al Camparino, c’era sempre un capannello che si formava in tarda mattinata o al tramonto, bastava un titolo di giornale e si animava il dibattito volante. Viviamo con la fretta incorporat­a e nel nostro anonimo percorso spesso c’è solo lo smartphone con Internet. I mezzi pubblici sono lo specchio del presente: digitano tutti, senza guardarsi negli occhi. È bello questo incontro sul bus a parlare della vita senza demandare le risposte allo schermo virtuale. Sapere che c’è qualcuno che ascolta e ti dà importanza, come scrive lei, aiuta a sentirsi meno soli. Però non insegua il sogno di reincontra­re il suo interlocut­ore. Se capita, bene, gli può offrire un caffè. Ma può bastare anche così: quell’incontro le ha detto tante cose sulla vita, sui bus e sugli scenari urbani. Lasci che sia il caso a decidere. Un giorno potrà sempre dire: sapessi com’è strano, parlare con uno sconosciut­o su un bus a Milano.

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