Arvo Pärt sul leggio e in platea
Il grande compositore estone in sala al Dal Verme per l’esecuzione del suo «Greater Antiphons»
«Abbiamo parlato molto, prima e durante le prove; a differenza della sua musica, ieratica, ascetica, lui è una persona gentile e simpatica, umile e facile al sorriso: non sempre le note riflettono che le ha composte». Lui è Arvo Pärt, il compositore vivente più eseguito al mondo: l’81enne estone è una figura leggendaria, quasi circonfusa nell’immaginario collettivo della stessa aura di sacralità che aleggia nelle sue opere. Stasera è ospite dei Pomeriggi Musicali, che Carlo Boccadoro dirige in «Greater Antiphons». «L’ha composto per Gustavo Dudamel e la Los Angeles Philharmonic, l’ha rivisto quattro volte e con tutte le varianti che sta introducendo ora penso si possa parlare di una vera e propria quinta versione, quindi di una prima assoluta», spiega Boccadoro. «Avevo già diretto questo brano, ma nella versione originale che prevede il coro; qui invece le voci sono assorbite dagli strumenti, da cui Pärt ottiene degli effetti davvero suggestivi; penso ad esempio a quando l’orchestra assume la voce di un grandioso organo che echeggia in una chiesa, oppure quando fa suonare solo tre violini o gli archi sui ponticelli per raggiungere dei pianissimo quasi ineffabili. Accorgimenti, questi, che ha introdotto proprio durante la prova di oggi (ieri, ndr) pomepositore riggio».
Un’altra variante è quella ritmica: «Gli ho fatto sentire il brano al ritmo con cui l’avevo eseguito due anni fa», racconta Boccadoro. «Mi ha detto che lo convincono di più di quelli che lui aveva in mente. Stiamo parlando di un comconsumo». la cui opera rimarrà sicuramente nella storia della musica: per la profondità e la potenza spirituale, per la sostanza musicale, con questo suo stile fisso, ieratico, immobile, così lontano dalla moda imperante tutta improntata alla velocità e a una voracità di La presenza di Pärt a Milano è eccezionale, ma per il compositore-direttore milanese non è strano eseguire un brano confrontandosi col suo autore: «Eseguendo soprattutto musica contemporanea direi che è la norma, mi fa quasi strano suonare pagine di autori morti», sorride; non a caso presenta in prima assoluta «Racconti di pioggia e di luna» per due pianoforti e orchestra, commissionata dai Pomeriggi al 58enne trentino Carlo Galante: «Non è solo un collega, è un amico; conosco tutta la sua produzione, ne ho eseguita una buona parte e per questo posso affermare che i Racconti sono una delle sue pagine più belle: venti minuti spettacolari che arrivano diretti al pubblico, tra momenti di puro lirismo e pirotecnie di colori e virtuosismi. Con lui quasi non c’è bisogno di confrontarsi: ci conosciamo così bene che lui si fida ciecamente, so che cosa vuole e so come ottenerlo dall’orchestra».