UNO SPOT PER L’ARTE
Ci voleva Barack Obama — o forse sua moglie Michelle, in avanscoperta due anni fa con le figlie — per farci scoprire la Pinacoteca Ambrosiana. Ci voleva un ex presidente degli Stati Uniti, amatissimo, impegnatissimo e glamour, per ricordare ai milanesi che la Canestra di frutta di Caravaggio è patrimonio della città, come il Codice Atlantico di Leonardo o il disegno preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello. Per farci sentire al centro del mondo e dire: «È stato al Cenacolo».
Orgoglio ambrosiano. Anche se una punta di vergogna sale quando ricordiamo che la nostra ultima visita al Refettorio di Santa Maria delle Grazie risale alle scuole elementari. O quando ascoltiamo le parole di don Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, mentre dice che i milanesi non conoscono i capolavori in essa conservati. Per tutti questi motivi è arrivato il momento di rimediare. E la visita di Obama a Milano può davvero essere utile per risvegliare passioni artistiche, per svelare (o spolverare) tesori non proprio nascosti ma sicuramente dimenticati, per far ripartire alcuni circuiti culturali. Soprattutto, però, il tour milanese dell’ex presidente può contribuire a far emergere il nuovo dna di Milano. Quello «coltivato» grazie al grande lavoro di Expo, diventato carattere e segno distintivo urbano, simbolo di una metropoli in cui alimentazione — perché questo era il tema per cui è atterrato Obama in città — e cultura possono, sanno, e devono convivere, diventare bandiera di uno stile di vita, invidiabile quanto esportabile, come il nostro made in Italy. È un biglietto da visita accattivante e serio, profondo e comprensibile a più livelli, fondamentale per un futuro sostenibile, come la conservazione del nostro patrimonio artistico. Peccato che a ricordarcelo sia stato un ex presidente americano. Il migliore spot (finora) per Milano.