IL BRANCO SI FERMA IN FAMIGLIA
Si moltiplicano i casi di giovanissimi che credono di risolvere i tormenti personali proiettandoli su persone colpevoli soltanto di rappresentare le loro paure. E allora il gruppo, di solito tanto utile nell’adolescenza, si trasforma nella sua negazione, il branco, che si autorinforza attraverso imprese distruttive tese a mascherare le debolezze dei propri componenti. Il branco, piccolo o grande che sia, per sua natura rifugge dal confronto con avversari temibili, ma va a caccia dei soggetti che ritiene più deboli per condizioni fisiche, mentali o perché vittime di pregiudizio. Aggredendo l’omosessuale affermo la mia mascolinità, spingendo un anziano giù da uno scoglio tolgo di mezzo un inutile testimone di quello che un giorno diventerò, dando fuoco a un barbone che dorme sotto un cartone, elimino la zavorra che mi impedisce di diventare ricco e vincente, irridendo o aggredendo un disabile sottolineo la mia efficienza fisica e psichica, picchiando o derubando un compagno di scuola faccio capire chi è che comanda davvero in classe, e così via. Il tutto, se possibile, videoregistrato e diffuso sui social. Mi permetto di ricordare che la prevenzione di un fenomeno tanto allarmante, prima che a scuola, comincia in famiglia, attraverso l’esempio, il controllo sulle parole, il rifiuto di ogni forma di violenza, la presa di distanza da pessimi esempi pubblici di intolleranza e la meravigliosa scoperta che aiutare chi è in difficoltà fa del bene a chi è aiutato ma anche a chi aiuta.