Lavori mai finiti Il direttore dovrà risarcire 211 mila euro
Quando l’impresa edile è fallita, i lavori da più di un milione di euro per l’adeguamento del reparto di radiologia dell’ospedale erano ancora a metà, ma l’Azienda socio sanitaria territoriale Santi Paolo e Carlo di Milano ne aveva già pagato in anticipo anche per una buona parte che non erano stati mai fatti. Un danno da 211 mila euro che dovrà risarcire il direttore dei lavori che è stato condannato dalla Corte dei conti. Ad aggiudicarsi l’appalto per i «lavori di adeguamento strutturale ed impiantistico del reparto di radiologia» dell’ospedale era stata la ditta D’Angelo srl Impianti Tecnologici con un ribasso del 22,75% su una basa d’asta di 900mila euro, il che voleva dire che all’erario sarebbero costati 695mila euro. Successivamente, come avviene molto spesso negli appalti pubblici, una variante aveva aggiunto altre opere facendo lievitare il costo finale di altri 367 mila euro. Direttore dei lavori era stato nominato l’ingegner Roberto Ferrari che, in questa veste, aveva anche il compito di saldare i cosidetti «Stati di avanzamento», cosa che doveva avvenire al raggiungimento di punti determinati della realizzazione del progetto iniziale. Quando nel 2011 la D’Angelo è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Milano, le opere nel reparto di radiologia erano ben lungi dall’essere state completate. Per la precisione, ha calcolato la Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti della Lombardia, era stato portato a termine solo il 47,7% di esse per circa 400mila euro mentre, secondo quanto segnalato dalla stessa Azienda sanitaria, erano stati saldati oltre 660mila euro. Secondo l’accusa, sostenuta dal sostituto procuratore generale Antonino Grasso, a versare la differenza doveva essere l’ingegner Ferrari che aveva firmato indebitamente i certificati per il pagamento degli acconti dato che dal fallimento non sarebbe arrivato subito alcun risarcimento. La tesi dell’ufficio diretto dal Procuratore Salvatore Pilato è stata accolta dai giudici che hanno sostenuto che i pagamenti degli Stati di avanzamento «devono essere commisurati alla quantità e alla qualità delle opere effettivamente eseguite» ed ha condannato per «colpa grave» a pagare oltre 211 mila euro l’ingegnere che si era difeso sostenendo di aver sempre rispettato le norme vigenti.