Corriere della Sera (Milano)

«Ho venduto tutto per vivere al Trivulzio»

Ex sarta da 17 anni ha scelto come casa il Pat e si paga la retta da sola: «Qui sono felice»

- Di Simona Ravizza

Èil giorno di Santa Lucia del 2000. Maria Paolina Ongaro, allora 65enne, telefona ai parenti: «Ho venduto casa, vivrò al Trivulzio». Ex sarta della Maggiolina, aveva da poco perso il figlio. Da allora sono passati 17 anni: al Pat è una delle ospiti di più lunga data. Il ricavato della vendita della sua abitazione le serve per pagare la retta: «Perché io sono qui per scelta — spiega — non voglio gravare su nessuno».

Tredici dicembre del Duemila, il giorno di Santa Lucia. Maria Paolina Ongaro, allora 65enne, prende in mano la cornetta del telefono e uno dopo l’altro sorprende tutti i familiari: «Vi saluto, vado a vivere al Trivulzio».

Si fa da sola valigia. La scelta che cambia la sua vita è di poche settimane prima. Distrutta dalla morte del figlio di 38 anni stroncato da un infarto e già vedova del marito Livio, Paolina decide di vendere casa e con il gruzzolo raccolto si pagherà la retta della casa di riposo: «Meglio non pesare sugli altri, io preferisco arrangiarm­i». Oggi è una delle ospiti con più anni trascorsi alla Baggina, rimbalzata spesso sui giornali per gli scandali giudiziari. La storia di difficoltà e coraggio di questa ex sarta della Maggiolina, una vita tra viale Fulvio Testi e Pratocente­naro, s’intreccia alla Milano del Dopoguerra e rivela uno spaccato poco conosciuto: c’è chi trasforma una casa di riposo in un’abitazione a tutti gli effetti. E non per un breve lasso di tempo, per gravi malattie o disperazio­ne dei parenti impossibil­itati ad accudirla, ma come antidoto alla solitudine e per diciassett­e lunghissim­i anni. E tutti gli altri che verranno.

A zia Paolina, come la chiamano affettuosa­mente medici, fisioterap­isti e infermieri, piace soprattutt­o la tombola del lunedì. Vive nella stanza numero 7, al primo piano del padiglione centrale, intitolato a Pio XI e inaugurato il 12 dicembre del Ventotto con il rituale del Te Deum e la soddisfazi­one del commendato­re Carlo Valvassori Peroni. A quel tempo gli ospiti sono 845 come scrive il Popolo d’Italia, oggi se ne contano 570: 319 che pagano di tasca propria come Paolina, altri 251 a carico del Comune in quanto indigenti. La retta per i solventi è di 75 euro per una camera da tre (per chi la vuole da solo il prezzo sale a 92 euro, per due sono 82). Le compagne di stanza sono Ines e Gabriella.

È proprio per assicurars­i il posto letto che la sarta vende i due locali di Pratocente­naro, 50 metri quadrati di un piano rialzato, il bagno appena rifatto e un’infinità di ricordi. I 120 mila euro ricavati, custoditi in banca, sono fondamenta­li per arrotondar­e la pensione e pagarsi il soggiorno alla Baggina. Del resto, vale da sempre l’insegnamen­to della mamma, la prestinaia Pasquina, cinque figli e anche lei vedova giovanissi­ma: «Il campanello non deve mai suonare per i debiti». Così, appena finita la quinta elementare, Paolina è già al lavoro. Giorno e notte. Sarta autodidatt­a, una capacità innata che la porterà negli anni Ottanta a cucire i primi reggiseni carioca: «A balconcino, con i nastri — ricorda — e il capezzolo libero». Poi la sua attività preferita diventa creare busti, ma con stoffe preziose: «Il mio — mostra Paolina scostando il vestito nero a fiori bianchi — l’ha cucito Fernanda, collega d’un tempo, lì nel negozio davanti alla Chiesa Santa Maria di Lourdes e che ancora mi porta i busti creati da lei».

Le ferite della vita lasciano cicatrici indelebili, ma non le tolgono la voglia di lottare: «Ho imparato di nuovo a camminare dopo un periodo in cui non riuscivo a stare in piedi. Dio mi ha dato un bambino quando pensavo di non poterne avere, poi me l’ha tolto all’improvviso». Per scacciare la malinconia guarda spesso le foto del marito e del figlio che custodisce in un’agendina («Sono state scattate nei dieci anni più belli della mia vita»). Per sognare ancora divora romanzi Harmony, impilati sul comodino («Me li regalano gli infermieri»). Per gli acciacchi della vecchiaia c’è la palestra («La fisioterap­ia fa bene»). E per sentirsi in ordine non rinuncia all’appuntamen­to settimanal­e dal parrucchie­re. L’una e l’altro, ovviamente, sono all’interno della Baggina. Paolina esce solo per le gite organizzat­e. L’ultima, all’agriturism­o da Pippo a Cassignani­ca, la racconta come una meraviglia. La sua passione sono le lezioni di computer. Il martedì l’appuntamen­to è con i giochi di parole, il mercoledì con il laboratori­o creativo; ci sono le proiezioni di film e gli spettacoli musicale. Tre amici del figlio la vengono a trovare di tanto in tanto, lo stesso fa la nipote Anna. «Ma ognuno ha i propri impegni — ammette —. Adesso, è questa la mia casa».

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