Corriere della Sera (Milano)

Il paese della santa

Da oltre duecento anni Bellusco venera le spoglie di Giustina La fanciulla martirizza­ta arrivò nel 1808 su una carrozza di fiori

- Leila Codecasa

Pare quasi dorma, santa Giustina. E tutto è quieto quando si va a vederla distesa nella sua teca di cristallo: il capo reclinato di lato, gli occhi chiusi, il viso di bimba con le roselline tra i capelli. Da più di duecento anni il corpo di Santa Giustina è venerato a Bellusco, ma solo una volta ogni anno, dalla prima alla seconda settimana di settembre è possibile vederla, esposta in chiesa per i fedeli. Per tutto il resto del tempo la teca è sotto l’altare, coperta. La festa di Santa Giustina è iniziata domenica con la procession­e con la teca della Santa portata a spalle per le vie di Bellusco sino in chiesa. In questi giorni di settembre centinaia di fedeli arrivano per invocarla. Lei invece arrivò in paese un giorno di fine luglio del 1808, su una carrozza bardata a festa, partita da Milano: una ricca vedova milanese teneva la teca nel suo oratorio privato, ma temeva le confische di Napoleone e voleva trasportar­la altrove. Solo che il parroco di Bellusco era venuto a sapere della cosa e brigò perché fosse portata in quel piccolo paese. E ci riuscì. Così quella santa romana arrivò in Brianza. «Di lei —– racconta don Valerio — abbiamo poche notizie storiche: sappiamo che doveva essere una ragazzina vissuta nei primi secoli dopo Cristo, fu ritrovata nel Mille Settecento in una catacomba vicino a Roma, con accanto un piccolo vaso, il vas sanguinis, segno che era stata martirizza­ta. Il Papa le diede il nome di Giustina, fu proclamata Santa Vergine Martire e ben presto donata a un abate milanese che la cedette a una nobildonna della città. Fu venerata in alcune chiese di Milano e quindi arrivò alla vedova che la donò a Bellusco». Le cronache raccontano di persone guarite dopo averla venerata e di sue intercessi­oni in caso di calamità naturali. C’è chi le chiede grazie speciali, ma ci fu anche chi violò l’urna durante un furto in chiesa agli inizi del Novecento. «Si racconta — rivela il sindaco Roberto Invernizzi — che durante la Seconda guerra mondiale la teca contenente Santa Giustina fu spostata nottetempo in un cortile a nord del paese per proteggerl­a dalle truppe nemiche. Ma per paura che qualcuno potesse scoprire comunque dove si trovava, venne sfondato un muro, da quel passaggio segreto la teca fu portata nel cortile accanto e lì murata sino al termine del conflitto». Ne uscì malandata, intaccata dalla muffa, fu necessario sistemare lo scheletro, i vestiti e la maschera in cera, fatta anni prima dalle suore Sacramenti­ne di Monza, per coprire le ossa del cranio e dare alla santa bambina il viso di chi «dorme il sonno dei Giusti». «Avere in paese Santa Giustina — spiega il vicesindac­o Mauro Colombo — ha cambiato la storia di tutta la comunità. Dal 1955 è nata anche la tradizione di fare in suo onore carri biblici fiorati. È una tradizione unica: divisa in otto rioni la gente lavora per settimane per i carri del Palio di Santa Giustina». Una giuria sceglierà come ogni anno il migliore. Il premio? Chi vince, l’anno successivo ha l’onore di vedere partire dal proprio rione la procession­e della Santa.

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