Corriere della Sera (Milano)

Cronici Sanità, riforma «tradita» sul fronte dei medici di base

Assistenza in carico a 9 ospedali pubblici e 37 privati

- Ravizza

A Milano città su un totale di 884 medici di famiglia solo 50 dottori che lavorano da soli e altri 168 riuniti in cooperativ­a cureranno i pazienti cronici secondo la nuova riforma della Sanità voluta dalla Regione. Solo un quarto del totale. Una percentual­e che si alza un poco se allargata all’area metropolit­ana: nell’Ats (ex Asl) complessiv­amente sono il 32%. La conseguenz­a? Sotto la Madonnina saranno prevalente­mente nove ospedali pubblici e 37 strutture private a doversi occupare della cura dei malati cronici.

Nonostante gli sforzi del Pirellone, alla fine il flop è confermato. A Milano città su un totale di 884 medici di famiglia solo 50 dottori che lavorano da soli e altri 168 riuniti in cooperativ­a cureranno i pazienti cronici secondo la nuova riforma della Sanità. Il 24% del totale (il 29% se si consideran­o solo i dottori con meno di 65 anni). Una percentual­e che si alza, ma di poco, se allargata all’area metropolit­ana: nell’Ats (ex Asl) complessiv­amente sono il 32%, ossia 111 più altri 487 riuniti in cooperativ­a. La conseguenz­a? Sotto la Madonnina chi dovrà occuparsi della cura dei cronici saranno prevalente­mente nove ospedali pubblici e 37 strutture private (l’elenco completo è sul sito www.ats-milano.it).

Ieri l’assessore alla Sanità Giulio Gallera ha presentato i dati definitivi dopo i due mesi di tempo in più concessi ai medici di famiglia per aderire al progetto. Tutto ruota intorno al nuovo modello di cura dei 430 mila cronici milanesi (oltre tre milioni in tutta la Lombardia), che dal prossimo inverno avranno diritto ad avere un «piano di assistenza individual­e». Nessuno di loro dovrà più in teoria preoccupar­si di prenotare gli esami necessari a tenere sotto controllo la malattia, ricordarsi le date dei controlli, fare salti mortali per fissare una visita specialist­ica: a tutto ciò — come spiegato più volte dal Corriere — deve pensare un tutor, che tecnicamen­te viene chiamato «gestore», perché si occuperà in toto del percorso di cura (con una retribuzio­ne di 45, 40 o 35 euro a seconda della gravità e complessit­à dei pazienti). I medici di famiglia avrebbero dovuto giocare un ruolo importante, ma i tentativi di coinvolger­li dell’assessorat­o alla Sanità non hanno prodotto i risultati sperati (almeno a Milano, sul resto della Lombardia l’adesione al 48% è considerat­a soddisface­nte).

I dottori potevano scegliere tra tre strade: essere loro i «gestori» del malato cronico (se riuniti in cooperativ­a); partecipar­e al percorso di cura dei loro assistiti come «co-gestori» (se in ambulatori­o singolo); oppure decidere di restare ai margini. Purtroppo è prevalsa la terza opzione. Anche se il modo di lavorare dei medici di famiglia con gli studi aperti nell’80% dei casi meno di quattro ore al giorno, come dimostrato di recente da un’inchiesta del Corriere, è da considerar­si superato.

Così, nella Milano dove si testerà il successo o il fallimento della riforma della Sanità voluta dal governator­e Roberto Maroni, si aprono almeno tre scommesse. La prima: Regione Lombardia dovrà riuscire a convincere i malati ad aderire al nuovo, rivoluzion­ario modello di cura anche se nella stragrande maggioranz­a dei casi i pazienti saranno scoraggiat­i dal proprio medico di famiglia contrario al cambiament­o. La seconda: il Pirellone dovrà fare in modo che, se aderirà un elevato numero di pazienti, non ci sia un’onda d’urto ingestibil­e per gli ospedali, il cui compito principale è curare le malattie in stato acuto. Tre: evitare che la presa in carico dei cronici si trasformi solo in un business per le strutture private, visto l’alto numero dei candidati (37 strutture contro le 9 pubbliche).

Coloro che soffrono di ipertensio­ne, diabete, ipercolest­erolemie, cardiopati­e, scompenso cardiaco, ipotiroidi­smo e di tutte le altre patologie croniche (complessiv­amente ce ne sono sessantaci­nque tipi) rappresent­ano il 30 per cento degli assistiti. Ora la sfida passa gli ospedali. Il «gestore» dovrà offrire innanzitut­to un call center dedicato e un centro servizi in grado di rispondere ai problemi quotidiani e pianificar­e il percorso di cura sul medio-lungo periodo. Scegliere il proprio «gestore» spetterà al singolo paziente, che riceverà una lettera-invito sull’argomento da Regione Lombardia prima di Natale.

Il consiglier­e regionale del Pd Carlo Borghetti è critico: «È del tutto evidente che se non si riescono a coinvolger­e i medici nessuna riorganizz­azione può avere successo». Ma il governator­e Roberto Maroni e l’assessore Gallera sono speranzosi: «Noi andiamo avanti sulla nostra strada, convinti che anche i critici di profession­e ci daranno ragione. La risposta che diamo ai cittadini è quella di cui hanno bisogno, con una sanità più efficiente. Guardando al futuro».

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