LA STERZATA IN CORSA SUI MALATI
Che non sarebbe stato facile realizzare la riforma della sanità voluta dal presidente Maroni era prevedibile perfino dal più inguaribile degli ottimisti, ma che la salita sarebbe stata così dura forse non era così scontato. E se il tanto reclamizzato slogan del «prendersi in cura» si basa soprattutto sull’assistenza sul territorio e vede nei medici di medicina generale il suo perno centrale, è proprio da questi ultimi che sono sorti i primi scogli, a suon di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, con sbarramenti sindacali e proteste in tutte le sedi possibili. Tutto questo mentre a Milano gli oltre 23.000 medici dell’Ordine cittadino si dividono proprio sui rapporti da intrattenere con la Regione Lombardia. D’altra parte a tutti è chiaro che successo o fallimento del provvedimento più importante di questa legislatura regionale si giocheranno nella nostra metropoli. Quello dei medici di famiglia è un iceberg che rischia di inabissare come un Titanic tutto l’impianto della riforma, d’altronde neppure Formigoni negli anni del suo massimo potere riuscì a farcela contro la loro opposizione. A Milano solo uno su tre medici di medicina generale si è reso disponibile ad aderire al nuovo modello di presa in carico del paziente cronico, un dato non certo entusiasmante. Per questo ora la Regione aggiusta il tiro prevedendo un maggiore coinvolgimento degli ospedali. Le correzioni di rotta non sono necessariamente da valutarsi negativamente.
Una riorganizzazione radicale di una struttura sanitaria così complessa come quella lombarda richiede tempo, pazienza e molto lavoro in itinere. La preoccupazione è però sulle risorse con le quali gli ospedali, che sono già in affanno nel gestire il paziente acuto e specialistico complesso, potranno anche proiettarsi maggiormente sul territorio. Il tempo manca, le elezioni sono alle porte, e se si vuole far partire la presa in carico del malato cronico rapidamente ci vogliono elasticità organizzativa, medici, infermieri e personale amministrativo addestrato, tutti elementi di difficile reperimento. Non è poi un male che l’ospedale possa garantire la continuità assistenziale anche a questi malati, ma questa doppia funzione necessiterà di nuove strategie. Una forte integrazione con la medicina generale resta imprescindibile, perché tutto non naufraghi rovinosamente. I pazienti sono la nostra priorità, non dovranno subire alcun disagio; questo deve essere il primo obiettivo di questa difficile e delicata fase. Nessuno lo dimentichi, tantomeno le istituzioni.