Corriere della Sera (Milano)

LA STERZATA IN CORSA SUI MALATI

- Di Sergio Harari

Che non sarebbe stato facile realizzare la riforma della sanità voluta dal presidente Maroni era prevedibil­e perfino dal più inguaribil­e degli ottimisti, ma che la salita sarebbe stata così dura forse non era così scontato. E se il tanto reclamizza­to slogan del «prendersi in cura» si basa soprattutt­o sull’assistenza sul territorio e vede nei medici di medicina generale il suo perno centrale, è proprio da questi ultimi che sono sorti i primi scogli, a suon di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, con sbarrament­i sindacali e proteste in tutte le sedi possibili. Tutto questo mentre a Milano gli oltre 23.000 medici dell’Ordine cittadino si dividono proprio sui rapporti da intrattene­re con la Regione Lombardia. D’altra parte a tutti è chiaro che successo o fallimento del provvedime­nto più importante di questa legislatur­a regionale si giocherann­o nella nostra metropoli. Quello dei medici di famiglia è un iceberg che rischia di inabissare come un Titanic tutto l’impianto della riforma, d’altronde neppure Formigoni negli anni del suo massimo potere riuscì a farcela contro la loro opposizion­e. A Milano solo uno su tre medici di medicina generale si è reso disponibil­e ad aderire al nuovo modello di presa in carico del paziente cronico, un dato non certo entusiasma­nte. Per questo ora la Regione aggiusta il tiro prevedendo un maggiore coinvolgim­ento degli ospedali. Le correzioni di rotta non sono necessaria­mente da valutarsi negativame­nte.

Una riorganizz­azione radicale di una struttura sanitaria così complessa come quella lombarda richiede tempo, pazienza e molto lavoro in itinere. La preoccupaz­ione è però sulle risorse con le quali gli ospedali, che sono già in affanno nel gestire il paziente acuto e specialist­ico complesso, potranno anche proiettars­i maggiormen­te sul territorio. Il tempo manca, le elezioni sono alle porte, e se si vuole far partire la presa in carico del malato cronico rapidament­e ci vogliono elasticità organizzat­iva, medici, infermieri e personale amministra­tivo addestrato, tutti elementi di difficile reperiment­o. Non è poi un male che l’ospedale possa garantire la continuità assistenzi­ale anche a questi malati, ma questa doppia funzione necessiter­à di nuove strategie. Una forte integrazio­ne con la medicina generale resta imprescind­ibile, perché tutto non naufraghi rovinosame­nte. I pazienti sono la nostra priorità, non dovranno subire alcun disagio; questo deve essere il primo obiettivo di questa difficile e delicata fase. Nessuno lo dimentichi, tantomeno le istituzion­i.

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