Uccisi dal tallio Scatta l’inchiesta
Monza, aperta un’inchiesta. Vent’anni fa il precedente della birra
Dopo la morte di padre e figlia, e il ricovero di quattro parenti a causa dell’avvelenamento da tallio, la Procura di Monza apre un’inchiesta per omicidio colposo. Intanto emerge un precedente: nel 2000 due morti per lo stesso veleno contenuto in una birra.
È un veleno potente, letale. Il tallio, sostanza una volta in commercio come topicida, poi vietato proprio per la sua pericolosità, può uccidere anche con dosi minime, se, per esempio, mescolato con cibi e bevande. A Nova Milanese (Monza) ha mandato in lutto una comunità, facendo due vittime: Patrizia Del Zotto, 62 anni, e suo padre Gian Battista, 94enne molto noto nel paese brianzolo per la sua storia personale di alpino e reduce della campagna di Russia. Sta devastato una famiglia intera, con altri quattro parenti stretti (il marito, la madre, la sorella di Patrizia, e persino la badante degli anziani genitori) ricoverati in ospedale. Ha già ucciso, un ventina d’anni fa, altre due persone che ebbero la sfortuna di bere una birra al veleno Oltre alle due persone morte, altri quattro parenti stretti sono stati ricoverati
in Friuli. La stessa regione di cui i Del Zotto sono originari, e nella quale hanno trascorso le ferie d’agosto, come ogni anno. Troppo presto per dire se tra queste storie così lontane ci possa essere un legame. Al momento, sulla morte di padre e figlia, la Procura di Monza ha aperto un’inchiesta per omicidio e lesioni colpose.
Ipotesi di reato del tutto «teoriche», si limitano a far sapere da palazzo, in attesa di avere le prime risposte dall’autopsia e dagli altri test medico legali, che sono stata disposti dal sostituto procuratore Vincenzo Nicolini e previsti oggi stesso. La prima a cadere vittima è stata Patrizia. La donna viveva in una villetta di via Fiume, a Nova, suddivisa in vari appartamenti, occupati dagli altri componenti della famiglia. D’estate, come tradizione, i Del Zotto si alternano nel loro casale di campagna a Varmo, in provincia di Udine. I vicini di casa, a Nova, dicono di averli visti rientrare già prima della fine di agosto. «Stavano bene; la Patrizia, settimana scorsa, era in giro col cane, sorridente come sempre», assicurano due signore incontrate ieri in via Fiume. Proprio settimana scorsa, però, Patrizia si ritrova in ospedale, a Desio, dove muore sabato per avvelenamento da tallio.
Pochi giorni dopo tocca all’anziano padre. Il bilancio si aggrava col ricovero degli altri famigliari. Il fratello di Patrizia, interpellato al citofono, non sa darsi una spiegazione: «Non so cosa possa essere stato, non abbiamo avuto occasione di condividere pranzi o cene insieme», taglia corto. I carabinieri aprono un’indagine. Ma la causa, ad oggi, resta un mistero. Inizialmente circola l’ipotesi che l’alta concentrazione di escrementi di piccione presenti nella cascina in Friuli possa aver contaminato l’aria e avvelenato i Dal Zotto. Dal Centro veleni dell’istituto Maugeri di Pavia (la struttura che ha individuato la causa della morte di padre e figlia), la definiscono, però, come «ricostruzione del tutto fantasiosa». La casistica degli ultimi 30 anni, classifica i decessi come «correlati all’ingestione, accidentale o meno, di sali di tallio finiti in qualche modo in alimenti e bevande». Come la birra tossica che, nel 2000, uccise un turista austriaco 75enne ricoverato all’ospedale di Latisana (Udine), mentre trascorreva un periodo di villeggiatura a Lignano. O che un anno prima, nel mese di luglio, stroncò un architetto statunitense, Richard Nolan Consalves, 33 anni, ricoverato dopo una birra bevuta a casa della suocera a Camino del Tagliamento. Morte, quest’ultima, che suscitò l’interesse anche del senatore Edward Kennedy, il quale aveva chiesto chiarimenti alla magistratura friulana. In entrambi i casi, le inchieste non portarono a nulla. Si ipotizzò il sabotaggio alimentare, ma non venne mai indagato nessuno.
Ora gli accertamenti della procura di Monza, a parte gli esami autoptici, si spostano nuovamente in Friuli, col sequestro della cascina dove i Dal Zotto amavano riscoprire le loro radici, ma che forse invece ha riservato loro un’insidia mortale.
In ospedale