Monza, la scuola dove i professori sono gli ex studenti
I 50 anni dell’Istituto d’arte di Villa Reale
Nel laboratorio di grafica, all’interno delle antiche scuderie della Reggia, c’è il dirigente scolastico Guido Soroldoni e un nutrito gruppo di insegnanti dell’Istituto d’Arte di Villa Reale. È un gruppo speciale: quindici di loro prima di salire in cattedra sono stati alunni di quell’istituto che compie cinquant’anni. «Era il 12 ottobre del 1967 — ricorda Giuseppe Guzzetti, architetto e docente di Design —. Ricordo bene il mio primo giorno di scuola in un istituto sperimentale . Eravamo trenta iscritti, il cortile diviso con le famiglie di rifugiati istriani. Tre anni dopo eravamo già in trecento». Come Guzzetti, Flavio Pressato, ora docente di Tecniche grafiche, era tra gli iscritti del primo anno nel 1969 con Lino Gerosa che è in pensione da qualche anno, ma da quel cortile non si è mai davvero allontanato e ora partecipa alla redazione di un volume per raccontare mezzo secolo di storia. Nel groppo storico degli ex allievi ora insegnanti c’è anche il dirigente scolastico, diploma nel 1975. «Sono tornato due volte — spiega— come genitore quando si è iscritta mia figlia e da dirigente, appena si è
presentata l’occasione nel 2001».
Il perché dell’attaccamento a quelle aule ricavate in un’ala della reggia è presto detto: «Abbiamo avuto tutti dei grandi maestri —spiega il preside —, stavamo a scuola 42 ore a settimana, avevamo tantissimi laboratori, i nostri insegnanti erano tutti artisti e grandi professionisti che non ci insegnavano solo le loro discipline, ma il loro percorso di vita. Ora quell’eredità e quel modo di fare didattica deve essere trasmessa». I nomi dei primi maestri sono parte della storia del design, della fotografia e della progettazione italiana: fotografi come Ennio Vicario e Roberto Maderna, grafici come A.G. Fronzoni e Michele Provinciali, scultori come Carlo Ramous, ricercatori come Narciso Silvestrini, maestri di arti grafiche come Romano Barboro, storici dell’arte del calibro di Zeno Birolli hanno tutti fatto l’appello a Monza dove la cattedra di lettere era affidata allo scrittore Giuseppe Pontiggia. «Un tipo tosto — ricorda Guzzetti — facevamo struttura del linguaggio, leggevamo i contemporanei e ci faceva riflettere sul senso del bello». Non c’era nessun obbligo di seguire i programmi ministeriali perché in Villa Reale i docenti sono stati protagonisti con gli alunni di una didattica sperimentale, «una scuola del fare», una Bauhaus italiana con percorsi interdisciplinari che erano inviati a Roma ogni due anni per essere validati dal Ministero.
Molti dei progetti e delle esperienze di questa didattica sperimentale sono contenuti nel volume «Una scuola per il domani» che raccoglie immagini, volti e documenti come l’action painting nel cortile della scuola con Michele Provinciali che già lavorava da grafico per Rai, Pirelli, Zanotta, il laboratorio di grafica guidato da Ugo la Pietra che affiancava l’attività di docente a quella di redattore a Domus e vinse il compasso d’oro nel 1979, la scuola di geometria fondata da Narciso Silvestrini. «Nel team dei docenti — ricorda Rodolfo Profumo, insegnante di Storia dell’arte — ha dato un’impronta decisiva A. G. Fronzoni l’unico che dava del lei ai ragazzi. Le sue opere sono esposte al Moma di New York».
Cinquant’anni dopo quel modello è ancora valido, anche se l’Istituto è diventato dal 2014 il liceo artistico «Nanni Valentini». I risultati ottenuti sono i tanti allievi della scuola che hanno trovato la loro strada in campi diversi: lo stilista Stefano Gabbana, il regista Antonio Agugliaro, il musicista Andrea Fumagalli (Andy dei Bluvertigo), il graphic designer Sergio Menichelli e Angelo Sala, capo scenografo del Teatro alla Scala. L’auspicio è che ci siano tutti il 19 ottobre al Belvedere di Villa Reale quando il volume sarà presentato. Poi i festeggiamenti proseguiranno in Triennale. Il legame con Triennale del resto è nel Dna della scuola: «Ha raccolto il testimone dell’Istituto superiore di industrie artistiche che in Villa diede vita alle prime Biennali d’arte e quindi alla Triennale milanese».
Nell’anno delle celebrazioni si guarda anche al futuro: «La realizzazione di questo libro ci ha dato l’idea di creare una nostra casa editrice per prodotti di nicchia e poi abbiamo un progetto per riutilizzare il teatrino di corte: un tempo ci facevamo i collegi docenti oggi sarebbe lo spazio ideale per un laboratorio di scenografia».