Nove mesi di condanna alla prof dei 9
Varese, la docente di matematica dava compiti in classe fantasma e falsificava il registro
Il tribunale monocratico l’ha condannata a una pena che sembra un contrappasso: la professoressa di matematica e fisica di Varese che avrebbe falsificato un registro del liceo Galileo Ferraris riempiendolo di 9 ha preso nove mesi di reclusione con le attenuanti generiche e la pena sospesa. Liliana P., 40 anni, ha la possibilità di fare ricorso in Appello. E dunque si vedrà se davvero la giustizia le presenterà il conto.
Il tribunale monocratico l’ha condannata a una pena che sembra un contrappasso: la professoressa di matematica e fisica che avrebbe falsificato un registro riempiendolo di 9, ha preso, neanche a farlo apposta, 9 mesi di reclusione con le attenuanti generiche e la pena sospesa. Liliana P., 40 anni, ha la possibilità di fare ricorso in Appello. E dunque si vedrà se davvero la giustizia le presenterà il conto. Ma a sentire i suoi studenti, a tre anni di distanza, non ha fatto la figura dell’insegnante modello.
La professoressa aveva in carico una seconda e una terza al liceo Galileo Ferraris di Varese nel 2015, ma alla fine dell’anno scolastico, una mattina di maggio, è entrata in entrambe le classi e ha annunciato che non aveva fatto in tempo a completare il programma di fisica. «Ci ha detto che ci saremmo ritrovati tutti un buon voto nel registro elettronico, ma che la verifica, in realtà, non l’avremmo fatta» hanno raccontato gli studenti ascoltati dal giudice in tribunale. E così è stato: il voto c’era, ma la verifica no.
«Nessun compito in classe è stato mai consegnato nel nostro archivio» ha confermato in aula il dirigente scolastico, Giuseppe Carcano. Dunque, si è configurato un falso. L’avvocato difensore si è limitato a chiedere se qualcun altro avesse la password. Che però era strettamente personale di ogni docente. Addio verifica. Ma, guarda caso, voti altissimi a tutti. E poi, c’è un particolare che sembra non avere alcun senso: uno studente, uno solo, si è ritrovato come voto 8 e mezzo. Chissà poi perché.
«E cosa faceste nelle due ore in cui avrebbe dovuto svolgersi il compiuto classe?» ha chiesto Marco Brunoldi, l’avvocato che sosteneva l’accusa come vice procuratore onorario: «Beh, nulla, ci disse di fare quello che volevamo» è stata la risposta degli studenti.
Non era il Sessantotto, nessuna protesta alternativa, nessuna autogestione. Era solo che la professoressa, secondo quando è emerso nel tribunale I dubbi I genitori dopo il primo quadrimestre avevano chiesto la sostituzione della supplente di Varese, non aveva svolto il programma, e probabilmente aveva anche qualche difficoltà con la materia; le sue spiegazioni avevano infatti suscitato inizialmente alcuni bisbigli in classe, e anche a casa, sulle sue effettive capacità.
Alla fine del primo quadrimestre diversi genitori avevano chiesto alla scuola se fosse possibile sostituirla, ma ormai era troppo tardi per cercare una nuova supplente. La docente, forse per nascondere i problemi, aveva anche presentato a fine anno un programma firmato dai due rappresentanti di classe, che non era però quello concordato all’inizio dell’anno. I ragazzi, ascoltati dal giudice, hanno raccontato che in realtà quelle firme loro non le avevano mai apposte. Ed è per questo che la Procura ha contestato anche un secondo falso, con condanna della prof.
«Ci eravamo accorti che l’insegnante aveva qualche difficoltà — conferma il dirigente scolastico Giuseppe Carcano —. Per una supplente precaria qualche problema ad ambientarsi può essere comprensibile, ma poi quando, alla fine dell’anno scolastico, abbiamo visto nei registri che c’erano i voti di una verifica che agli atti non esisteva, abbiamo dovuto inviare necessariamente una segnalazione alla Procura della Repubblica».
Davanti al giudice, l’insegnante Liliana P., originaria della Sicilia, supplente precaria con diversi incarichi anche successivi a questa vicenda, ad esempio a Gallarate, Lecco e Sondrio, non si è mai presentata per cercare di spiegare le sue ragioni. Certo, una professoressa di manica larga è il sogno di quasi tutti gli studenti, ma questa vicenda, alla fin fine, è servita per convincere i ragazzi di Varese che è pur sempre da preferire un docente severo piuttosto di uno accondiscendente — in questo caso pure eccessivo — ma impreparato. Successivamente nella scuola in questione, un istituto molto prestigioso della città, per colmare le lacune dell’«anno dei 9 in pagella» la direzione è stata costretta a istituire appositi corsi di recupero.
Quando abbiamo visto i registri abbiamo informato la Procura. Non un solo compito è stato messo nel nostro archivio. Chissà perché poi a un ragazzo ha dato otto e mezzo